Quali prove sulla Macchina di Majorana-Pelizza?
Intervista al giornalista Rino Di Stefano
La Commissione
28/07/2020 12:19:05
1) La tua
ricerca sulla vicenda della “Macchina” è partita da un incontro
con Pelizza oppure dalla fisica di Ettore Majorana?
Né
l’uno né l’altro. Il mio interesse per questa storia è nato nel
gennaio 2009 quando un imprenditore, a me sconosciuto, è venuto a
trovarmi per consegnarmi un dossier riservato su una strana
Fondazione religiosa con sede a Vaduz, nel Liechtenstein. In questo
dossier si parlava di una mirabolante tecnologia che la Fondazione
cercava di commercializzare nel mondo. Incuriosito, ho cominciato ad
indagare e ho scoperto che questa Fondazione, che era rimasta in
attività per sei anni e due mesi, non esisteva più da dieci anni.
Inoltre, la tecnologia di cui si parlava non apparteneva alla
Fondazione, bensì ad un uomo che io non avevo mai sentito nominare:
Rolando Pelizza. Lo incontrai solo un anno dopo e così mi feci
raccontare come erano andate le cose. Non sono mai riuscito a sapere
chi avesse mandato quell’imprenditore da me. Solo in un secondo
tempo Pelizza mi ha rivelato che l’autore di quella tecnologia era
Ettore Majorana.
2) Puoi
descrivere i punti principali della tua indagine?
Come
sempre nelle mie indagini, ho solo cercato di appurare la verità
delle cose. In un primo tempo, ho ricostruito la storia di Pelizza.
La sua biografia venne pubblicata nel 2013, per cui in quel momento
non c’era nulla in giro. Cercai quindi di trovare tutta la
documentazione probante sulla sua storia, soprattutto i rapporti tra
la sua persona e i tre governi che si erano interessati alla vicenda:
italiano, americano e belga. Giunsi alla conclusione che la famosa
macchina era esistita ed era stata esaminata da diversi
rappresentanti di quei governi. Ma Pelizza non me la mostrò mai e
cercò, anzi, di nascondermi diversi dettagli. Di fatto, non si
fidava di me. Per cui, nella mia inchiesta, mi sono avvalso anche di
diverse altre fonti. Più andavo avanti e più mi rendevo conto che,
qualora la macchina ci fosse ancora nel presente, sarebbe stata
nascosta. Troppo pericolosa! Cercai anche di coinvolgere alcune
università in questa storia, affinché quella tecnologia potesse
essere studiata a livello scientifico. Anche perché non aveva senso
parlare della “macchina” se non ci fosse stato un riscontro
scientifico. Ma fu tutto inutile. Non mi risulta che quella macchina
sia mai entrata in un laboratorio accademico.
3) Quali
sono a tuo avviso le prove e i miti sulla macchina Majorana-Pelizza?
Abbiamo
documenti, video e testimonianze che confermano la presenza di quella
macchina negli anni Settanta. Altre prove ci confermano la presenza
della stessa macchina nel 1992. Ma non disponiamo di alcun elemento
probante per quanto riguarda il presente. Tra l’altro nel 2019
Pelizza ha pubblicato una lettera aperta ai lettori nella quale
sostiene che non ha più la macchina e che gli viene impedito di
continuare i suoi esperimenti. Questo mi sembra che sia un de
profundis per l’attività di Pelizza. E anche un modo per
uscire ingloriosamente da questa vicenda. Se prima l’interesse del
pubblico teneva viva la storia, adesso nella gente si denota una
certa e marcata delusione. In pratica, questo incredibile racconto,
corroborato da una valida documentazione per quanto riguarda il
passato, rischia di diventare una controversa leggenda in tempi
moderni.
4) La tua
opinione sul “ringiovanimento” di Majorana?
Secondo
la versione di Pelizza, e alcuni documenti in nostro possesso, la
famosa macchina sarebbe in grado di operare quattro fasi sulla
materia: annichilimento, riscaldamento, trasmutazione e traslazione
da una dimensione all’altra. Quest’ultima fase sarebbe quella che
permetterebbe il ringiovanimento. Non una sola di queste operazioni è
mai stata testata a livello scientifico. E se non c’è una conferma
scientifica, non si può affermare ad alcun livello che tali fasi
rientrino nella sfera del possibile. A onor del vero, c’è da dire
che, se mai esistesse una simile macchina, non potrebbe davvero
essere resa pubblica. Le conseguenze sarebbero inimmaginabili. Per
cui, stando così le cose, non posso neppure prendere in
considerazione un eventuale ringiovanimento di Majorana.
5) Negli
anni Trenta iniziavano a circolare le prime teorie quantistiche e la
storia ricorda Enrico Fermi come l’unico fisico che a quel tempo
si interessava alla fissione dell’Atomo. Come si inserisce Ettore
Majorana nel contesto di quel tempo?
Questa
è una domanda che dovrebbe essere rivolta al professor Erasmo
Recami, il biografo ufficiale di Ettore Majorana. Recami ha scritto
un ottimo libro sulla storia ufficiale di Majorana, dalla sua nascita
alla scomparsa nel 1938. Tutto quello che posso dire, per aver
studiato la vita di questo scienziato, è che non è proprio vero che
negli anni Trenta Enrico Fermi fosse l’unico a interessarsi alla
fissione dell’Atomo. Caso mai fu il primo a dimostrare che si
potesse fare e il 10 dicembre 1938, a poco più di otto mesi dalla
scomparsa di Ettore, ricevette il Premio Nobel. Il punto centrale di
questo discorso è che a quel tempo in molti stavano studiando le
leggi della materia, con approcci diversi. Il conflitto scientifico
tra Fermi e Majorana (i due erano buoni amici) consisteva nel fatto
che quest’ultimo accusava Fermi e gli altri colleghi di via
Panisperna di violentare la natura. Secondo lui, c’era un’altra
via per studiare e scoprire le vere leggi della materia. Ed è assai
probabile che alla fine lo stesso Majorana le scoprì e, rendendosi
conto delle conseguenze che poteva avere la sua scoperta, decise di
scomparire per non comunicarle a nessuno. Del resto, se si pensa alle
famose quattro fasi della macchina, ci si rende conto che, se fossero
vere, si potrebbero ottenere risultati incredibili e le conseguenze
dell’energia nucleare potrebbero essere evitate. A questo
proposito, c’è da dire che quella macchina potrebbe essere
ipoteticamente funzionante solo se si considerasse che tanta energia
potrebbe essere sviluppata soltanto se all’interno di quel
meccanismo si sviluppasse il monopolo magnetico. Un concetto, questo,
del tutto assurdo per la fisica che noi conosciamo. Ma ho scoperto, e
gli studiosi italiani ignoravano questo dettaglio, che negli anni
Trenta Ettore Majorana stava studiando proprio il monopolo magnetico.
Tanto è vero che negli anni Sessanta l’Accademia delle Scienze
dell’Unione Sovietica organizzò a Kiev un convegno proprio sul
monopolo di Majorana. C’è da domandarsi come mai in Italia nessuno
ne fosse al corrente.