Conflitti endemici, “soluzione” pandemica?
Virus e Finanza #4
Diego Antolini
26/05/2020 18:51:15
In seguito al ritiro da parte degli USA dall’accordo sul nucleare
(il JCPOA – Joint Comprehensive Plan of Action) e al ritorno
alle sanzioni nei confronti dell’Iran, la relazione tra occidente e
il paese islamico si è fatta sempre più instabile. Europa e Stati
Uniti si stanno chiedendo cosa può succedere: una nuova guerra? Il
tentativo di cambiare il regime attuale nel paese? E se gli USA si
sono ritirati dall’accordo, cosa farà l’Europa? E l’Iran?
Nessuno sembra saperlo con certezza ma nell’esplorare le varie
possibilità non si può fare a meno di notare che al momento l’unico
paese a non dare segni di nervosismo è proprio l’Iran. Tanto
Teheran quanto Washington stanno premendo sull’Europa per spingerla
a prendere una decisione precisa: rompere l’alleanza con gli USA
oppure tentare di frammentarla per poter diminuire il suo “peso
specifico” sull’arena internazionale.
Da parte sua l’Iran sembra aver stabilito un “equilibrio di
terrore” nella zona mediorientale, nel senso di essere consapevoli
che gli USA potrebbero attaccare in qualsiasi momento ma con il
rischio che anche Washington possa essere colpito in uno dei tanti
punti di interesse consolidati dopo anni di presenza armata.
Si è quindi in una situazione di stallo, ma solo apparente. Infatti,
mentre in origine vi era solo l’eterno conflitto tra Israele e
Palestina, oggi l’onda d’urto bellica si è divisa in più parti:
vi sono guerre in Yemen e Siria, il Libano vive una situazione molto
instabile quasi quanto l’Iraq (vedi l’Effetto
Babel), per non parlare di Libia ed Egitto, con la Turchia pronta ad
esplodere. Ma questi conflitti non hanno respiro locale, anzi sono
ingigantiti dalla pressione continua di superpotenze come Stati
Uniti, Russia e, in modo diverso, Cina.
Questo ha fatto sì che si formassero due fronti, come era
prevedibile: uno anti-Iran – formato da Stati Uniti, Israele,
Arabia Saudita, Emirati Arabi e forse Egitto – e l’altro iraniano
con i suoi alleati satellite come Yemen, Siria, Iraq e l’Hezbollah.
Questi due fronti recentemente hanno dimostrato di essere molto
fluidi, di potersi espandere non solo a tutto il Medio Oriente ma
anche al nord Africa.
Quest’anno la comparsa del “virus” Corona ha provocato un
effetto che in passato Colera, Spagnola, SARS e MERS (anche queste
ultime classificate come Coronavirus, rispettivametne
Sarbecovirus e Betacoronavirus) non erano riusciti ad
ottenere: il blocco totale della società globalizzata ad ogni
livello e settore (vedi La
Lunga Marcia). Non il blocco
dell’economia, non il blocco politico e mai quello militare. Questi
tre settori avanzano spediti come il virus stesso, invisibili e in
maniera progressiva, con il vantaggio che la società civile,
paralizzata e ridotta a unità familiari slegate, fa sì che non ci
sia poi tanta pressione, e i maggiori gruppi finanziari possono
riprendere fiato, ricalibrarsi, rigenerarsi.
Nel mio video sulla geopolitica di qualche tempo fa (COVID-19
– CAT-Bonds e pandemia costruita)
parlavo di come era fondamentale osservare la strumentalizzazione del
“virus” in Medio Oriente e Africa che, mentre invadeva l’Europa
soprattutto attraverso i media, e ora sta causando il panico in USA,
latitava stranamente nei paesi al di sotto del 40mo parallelo, cosa
quantomai singolare se si pensa all’elevato numero di cinesi
presenti in quelle zone. Oggi, a circa un mese di distanza, viene
confermata la mia tesi sull’inconsistenza dell’attribuzione alla
Cina della paternità del Coronavirus, tanto in origine quanto in
contagio, in quanto più o meno si è fatto in modo che il COVID-19
fosse segnalato un po’ dovunque.