Sasquatch - Un Walk-In?

Tra le dimensioni...

Avvistamenti di creature a metà tra l’uomo e la scimmia sono parte della storia dell’uomo fin dall’inizio dei tempi. Con la venuta dell’uomo moderno, tali avvistamenti hanno acquisito una prospettiva diversa in quanto le differenze tra le due razze si sono fatte molto più marcate. Mentre infatti poteva passare inosservato un Meh-Teh o un Kangmi dell’Asia Centrale in tempi remoti, non tanto per le sembianze quanto per gli usi e i mezzi di sostentamento, con l’evoluzione di industria e tecnologia creature bipedi coperte di pelo che passeggiano a piedi nudi tra le vette ghiacciate dell’Himalaya, nelle impenetrabili foreste del nord America e del Canada, o tra le paludi del Mato Grosso, creano quantomeno curiosità.

I primi resoconti di enormi tracce trovate sul terreno provengono dalle vette dell’Himalaya, dove un certo colonnello Waddell dell’Impero Britannico si trovava per una battuta di caccia. Si era nel 1887. Nel 1902 un gruppo di dodici uomini scomparve senza lasciare traccia al confine tra il Tibet e il Sikkim. Militari indiani inviati alla loro ricerca trovarono e uccisero una creatura semi-umana che fu inviata all’ufficiale dell’Impero più vicino, Sir Charles Bell. Quello che accadde poi non è mai giunto negli archivi ufficiali, o comunque non ne è rimasta traccia.
Nel 1920 la spedizone sulla parete settentrionale del Monte Everest, guidata dal colonnello C.K. Howard-Bury, si trovò ad osservare al binocolo un gruppo di figure che si muovevano lungo le cime innevate sopra di loro. Una volta arrivati sul posto, dopo considerevoli sforzi, gli uomini poterono solo notare varie impronte gigantesche (“tre volte quelle di un normale essere umano”, disse il colonnello). Gli sherpa presenti fecero immediatamente il nome del
Metoh-Kangmi o, tradotto approssimativamente dal Tibetano, la “Creatura umana” (Kangmi) o la “Cosa vivente” (Meh-Teh) che venne elaborata dai linguisti come “Una cosa vivente simile all’uomo che non è un essere umano”. Ma a quel tempo il termine Metoh associato a “Kangmi” che non era una parola di origine tibetana ma cinese, veniva usato colloquialmente per indicare una “creatura delle nevi”. Durante la trascrizione del messaggio telegrafico dal Tibet all’India, però, la parola Metoh venne storpiata in “Metch”. Un certo Herny Newman, esperto giornalista di grido per il Calcutta Statesman, venne consultato per avere una traduzione inglese delle parole “Metch Kangmi”. Newman non perse l’occasione e coniò il termine che ancora oggi nell’immaginario collettivo rappresenta l’anello mancante tra l’uomo e la scimmia: l’Abominevole Uomo delle Nevi, o Yeti.

In Nordamerica una simile creatura era conosciuta già dalle tribù indigene occidentali della British Columbia: Quebec, Northwest Territories, Yukon (Canada), Idaho, Washington, Oregon e California settentrionale (USA) con i nomi di
Sasquatch e Oh-Mah (o “Bigfoot”). I primi resoconti si hanno già nel 1860, ma è del 1884 la testimonianza che ha sollevato nella popolazione bianca la consapevolezza dell’esistenza di qualcosa di diverso dalle tribù dei nativi americani che fino a quel momento si pensava fossero gli unici abitanti delle foreste: un gruppo di uomini dei boschi cattura una creatura in tutto e per tutto umana se non fosse per il folto pelame che la ricopriva dalla testa ai piedi, per la forza sovrumana e per le braccia sproporzionatamente lunghe. L’essere venne soprannominato “Jacko” e la cattura avvenne nei territori inesplorati della British Columbia, tra le cittadine di Yale e Lytton. Jacko rimase in cattività per qualche tempo (nel 1946 un giornalista intervistò un vecchio abitante di Lytton che confermò di ricordare la creatura). Ad oggi Jacko sembra essere l’unico Sasquatch ad essere stato catturato da uomini bianchi di cui si ha notizia documentata. Altri avvistamenti di “Wildmen” si susseguirono nel 1901, 1904 e 1907.


Immagine che riproduce l'articolo originale della cattura di Jacko, pubblicato sul Daily Colonist del luglio 1884

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