Gli infiniti futuri della creazione

Legge Universale di Attrazione #4

Fonte: Nexus Edizioni

L’essere umano non è soltanto una perfetta macchina biologica creata per adattarsi all’ambiente nonostante gli evidenti limiti di difesa e sopravvivenza rispetto alle creature degli altri regni naturali. La sua perfezione consiste nel fatto di essere un “contenitore” di due universi ancora tutti da comprendere: la mente e lo spirito.
In questo articolo affronteremo il secondo universo. In tutti i grandi testi sacri che compongono la nostra eredità mistica dall’inizio dei Tempi ad oggi, lo spirito è stato più volte indicato come il “soffio vitale” che ha animato la nostra coscienza, permettendoci di elevarci a “creatura più vicina al disegno del Creatore”.
La storia dell’uomo è però anche costruita sul concetto di fede, o affidamento incondizionato ad una verità, messaggio, precetto o legge conferita ad un uomo scelto dal Creatore come suo “profeta”. A volte il messaggio giunge direttamente dal Creatore all’uomo, altre volte esso viene mediato dal suo messaggero o “Angelo”. Il profeta ha il compito di trasmettere tale “verbo” all’umanità e, attraverso l’esecuzione di atti straordinari chiamati “miracoli” acquista quella credibilità agli occhi degli uomini che gli permette di rendere “divine” le sue parole. La fede è una diretta conseguenza di questo “Creatore che si fa uomo”.
Il passaggio porta con sé alcune conseguenze, come ad esempio la grande responsabilità di cui il profeta deve farsi carico, una pressione che cresce con il crescere degli uomini che lo seguono. Ma, allo stesso tempo, cresce anche il potere che egli esercita sui suoi simili, perché la sua umanità di “divinizza” fin quasi a identificarsi con il Creatore stesso.
D’altra parte, la comunità degli uomini che decide di affidarsi alla parola del profeta viene sollevata dalla responsabilità di compiere scelte individuali, si spoglia consapevolmente del potere di comunicare  direttamente con il Creatore e, innalzando la figura del profeta ad un livello intermedio tra l’umano e il divino, si pone automaticamente ad un livello inferiore, dimenticando (o volutamente ignorando) di essere, in quanto individuo creato, l’immagine stessa del Creatore.
Questo processo auto-limitante sembra essere possibile in quanto l’individuo, se riunito in un gruppo o collettività, perde molta della forza creatrice dirompente che, individualmente, è la sua guida nella sopravvivenza e nell’adattabilità ambientale. L’istinto diviene meno attivo quando le individualità si combinano e, quindi, è molto più semplice affidarsi ad una guida che possa dirigere l’energia di massa verso uno scopo percepito come vitale.
La nascita delle religioni può essere riassunta più o meno così: i profeti si circondano di discepoli, cioè di un gruppo selezionato di uomini che avranno il compito di recepire il messaggio divino e trasmetterlo anche dopo la fine dell’esistenza mortale del prescelto. E’ da lì, in una catena che si scioglie attraverso i secoli, che vengono poste le basi per la struttura religiosa: testi, templi, riti e premi o punizioni a seconda dell’aderenza o meno ai dettami di quel credo religioso.
La facilità con cui una religione può attecchire su una comunità (in USA esistono oltre 1.200 organizzazioni e culti religiosi regolarmente registrati) è a mio avviso dovuta non ad un particolare desiderio dell’uomo di credere, quando ad una sua mancanza o “disconnessione”: tanto più il Creatore è “lontano” (o percepito tale), tanto maggiore è il senso di vuoto e solitudine che si avverte.
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