La lezione del cacciatore di foche - Questa
leggenda proviene dalle remote regioni del nord, nei pressi di John o' Groats.
Vi era un uomo che cacciava foche per vivere, rappresentando la pelle e il grasso
di questi animali un ottima fonte di guadagno, e non pensava quanto il suo atto
fosse crudele. Una notte, mentre il cacciatore dormiva dopo una faticosa giornata
di lavoro, la porta della sua casa venne scossa da colpi decisi. Brontolando,
l'uomo andò ad aprire, e si trovò di fronte uno straniero, che
senza scusarsi e con un tono di voce che non ammetteva repliche, lo invitò
a vestirsi e a seguirlo, perchè il suo padrone aveva qualcosa da dirgli.
Pregustando un buon affare, il cacciatore seguì lo straniero verso uno
stallone nero; i due montarono in sella e l'animale partì come il vento.
L'uomo non riuscì a stabilire per quanto tempo il cavallo corse, ma nessun
animale avrebbe mai potuto viaggiare così rapidamente, e senza fare rumore;
infatti al cacciatore sembrò di aver letteralmente volato.
Improvvisamente come era partito, lo stallone si arrestò, e il cavaliere
e il passeggero smontarono. Il cacciatore poteva sentire il rumore delle onde
che si infrangevano sulle rocce, sotto di lui. Gli venne detto di trovarsi molto
al di sopra il livello del mare, e nell'oscurità si poteva intravedere
l'orlo del picco su cui i due si erano fermati.
Non vi era segno di abitazioni intorno, e il cacciatore divenne ansioso: perchè
lo straniero lo aveva condotto fin lì? A quale scopo?
Ma prima di formulare qualsiasi domanda, lo straniero agguantò il cacciatore
e lo spinse verso l'orlo del picco. gettandosi con lui tra le onde sottostanti.
Tutto divenne buio, ma l'uomo seppe di trovarsi a grande profondità sotto
il mare; lo straniero era scomparso, e al suo posto nuotava una grossa foca.
L'animale condusse l'uomo oltre
una porta, in un luogo incredibile: una grande sala, dalla quale partivano dei
corridoi che terminavano in camere più piccole. Tutto intorno a loro
vi erano numerose foche, maschi e femmine, vecchi e giovani, che piangevano
e mugolavano. La scena sconvolse il cacciatore, che si domandò quale
potesse essere la causa di tanta tristezza, e soprattutto, come poteva egli
trovarsi in quel luogo; la risposta a quest'ultima domanda giunse non appena
l'uomo guardò i propri piedi: al posto delle gambe e dei suoi vestiti
vi era ora la coda e la pelle lucida di una foca.
Stordito e terrorizzato, egli si lasciò condurre in una camera più
piccola, dove giaceva una grossa foca morente, assistita dai familiari; la ferita
sul petto sanguinava copiosamente, a causa della lama di un coltello da caccia
tenuto dalla sua guida. Il cacciatore riconobbe la sua arma, che credeva di
aver perduto la mattina stessa durante la caccia. Invece la bestia, ferita,
era riuscita a raggiungere il suo rifugio, ma la ferita era troppo profonda,
e la stava uccidendo. Quale terribile vendetta avevano preparato le sue vittime
per lui?
La foca che lo aveva prelevato da casa depose il pugnale insanguinato, si girò
a guardare il cacciatore e disse: << Tu sei il responsabile di quanto
accaduto! Poggia le tue mani sulla ferita aperta e chiudila, per allontanare
il male che hai causato!>>
Il cacciatore fece quanto gli era stato ordinato, e la ferita si sanò,
salvando la foca morente; questa, non appena recuperate le forze, cominciò
a parlare: << Non abbiamo bisogno di tenerti qui, e non è giusto
che tu stia lontano dalla tua specie. Ti permetteremo di ritornare alla tua
dimora, non prima però che tu ci prometta di non causare mai più
alcun male a nessuna foca; verrai compensato per il tempo che sei rimasto qui,
ma solo se avremo la tua promessa potremo lasciarti andare, altrimenti rimarrai
qui >>.
I cacciatore diede la sua parola senza esitare, e la foca che lo aveva guidato
nel regno sottomarino lo riportò a casa, sul dorso dello stallone nero
veloce come il vento. L'alba nasceva appena, quando l'uomo venne deposto sulla
soglia della sua casa. Lo straniero, in silenzio, voltò la cavalcatura
per andarsene, ma prima gettò un sacchetto di pelle nelle mani del cacciatore:
un sacchetto pieno di monete d'oro, che avrebbero permesso all'uomo di non lavorare
mai più.
La foca di Sule Skerry - Questa leggenda proviene da una
ballata delle Isole Orkney. Una giovane donna giaceva in lacrime con
un bambino tra le braccia; la sua disperazione veniva dal fatto che il padre
del suo bambino le era sconosciuto, avendola lasciata sola.
Il padre del piccolo era in realtà una foca, che era tornata al mare
subito dopo l'incontro amoroso con la donna.
Un giorno, mentre la donna era intenta a cullare il suo bambino, una foca le
apparve di fronte, con queste parole: << Sono il padre del tuo bambino,
ma non posso sposarti. Fornirò il necessario per provvedere a lui, ma
quando il bimbo raggiungerà il settimo anno di età, tornerò
e lo porterò via con me, nel mondo a cui appartiene>>. Così
dicendo, la foca gettò vicino alla donna un sacchetto di pelle pieno
di monete, e scomparve subito dopo nel mare.
Fu così che la donna crebbe e curò il piccolo da sola, dall'infanzia
alla fanciullezza. Il bambino crebbe forte, felice e in salute, ma la madre
sapeva che più cresceva, più si accorciava il tempo che passavano
insieme.
Alla fine il giorno tanto temuto venne, quando il bambino aveva compiuto da
poco i sette anni: si trovavano sulla riva del mare, intenti a giocare, e la
foca apparve di nuovo, invitando la donna ad avvicinarglisi.
<< Il tempo è giunto per me di reclamare mio figlio - disse la
foca - Prendi questo denaro come ricompensa per averlo curato fino ad oggi >>.
E mise nelle mani della donna un altro sacchetto di monete; poi prese il bambino
e gli mise una catena d'oro attorno al collo.
<< Se ti dovessi trovare qui sulla spiaggia, e vedere un gruppo di foche,
guarda quella che avrà questo collare: sarà il segno che tuo figlio
sta bene >>.
<< Ma cosa sarà di me? >> Domandò la donna mentre
la foca stava per tornare in mare con il fanciullo << Non ho un marito,
e adesso nemmeno più un bambino. Cosa farò? >>
<< Troverai un altro da amare - rispose la foca - un uomo buono verrà,
un soldato, e passerai molti anni felici insieme a lui. Ma verrà una
mattina di Maggio quando tuo marito scenderà sulla costa e ucciderà
due foche. Una sarà tuo figlio, e l'altra sarò io >>. Detto
ciò, la foca e il piccolo si tuffarono in mare e scomparvero.
Gli anni passarono. Proprio come aveva predetto la foca, la donna trovò
un soldato da amare, un uomo onesto e leale, e sebbene ella non potè
mai dimenticare la foca e suo figlio, trascorse anni felici con il suo compagno.
Una mattina il soldato uscì di casa con la sua pistola, e al ritorno
raccontò di avere ucciso due foche; una di esse aveva al collo una catena
d'oro. Quando la donna vide il gioiello, il suo cuore si spezzò: aveva
capito che anche le ultime parole della profezia della foca si erano avverate.
I Blue Men - Questo fenomeno si può trovare soltanto
in un punto della Scozia, e cioè tra l'Isola di Lewis e le Isole
Shiants, dove si forma uno stretto d'acqua, conosciuto come Sruth
nam Fear Gorm in Gaelico, e cioè La
Corrente dei Blue Men. Anche quando il mare è calmo intorno, l'acqua
in quello stretto è tempestosa e ribollente, così che ancora oggi
i marinai preferiscono evitare di attraversarlo, e fare un giro più largo
attorno alle isole, per paura dei Blue Men.
Tutti coloro che sono passati attraverso una tempesta in mare possono rendersi
conto com'è facile per dei marinai nel bel mezzo del mare in burrasca
immaginare delle figure dai capelli blu che convergono verso la nave per affondarla,
cavalcando le onde con furia selvaggia. Ma se i Blue Men sono soltanto il parto
della fantasia, per quale motivo leggende analoghe non sono nate in altri punti
della Scozia, o del mondo?
Si dice che i Blue Men vivano in
caverne sottomarine, e che la loro occupazione sia quella di innalzare onde
enormi da costa a costa. A volte essi dormono, e in quei brevi e rari attimi
le acque dello stretto scorrono placide e tranquille. Ma non appena i Blue Men
si risvegliano, ecco che il mare torna a ruggire, grazie alle lunghe braccia
di questi esseri, che muovono le onde producendo schizzi e schiuma.
I Blue Men provano un piacere particolare ad attaccare le navi. Quando le loro
sentinelle ne avvistano una nei pressi dello stretto, si immergono per avvisare
gli altri, e nel frattempo il mare si ingrossa. Davanti ai marinai terrorizzati,
poi, i Blue Men emergono dall'acqua mostrando il volto e il petto, e spingendo
la nave a tornare indietro, oppure addirittura a naufragare sulla costa.
Alcune persone parlano dello stretto come della Corrente della Distruzione,
e a ragione. Molte navi sono affondate in quel punto, e molte volte sono state
additate le attività malefiche dei Blue Men come causa principale del
disastro.
Si dice che l'unico modo per superare la furia dei Blue Men sia quello di sviluppare
una grande abilità nel comporre rime, visto che essi padroneggiano quel
linguaggio perfettamente, e spesso mettono alla prova gli equipaggi con domande
sibilline.
Il cinguettio degli uccelli: come Eilean Donan fu costruito - Il
castello di Eilean Donan è uno dei castelli più conosciuti
e amati della Scozia. Situato nel punto dove Loch Alsh incontra Loch
Duich e Loch Long, è un luogo così pittoresco che
per molti Eilean Donan è l'immagine stessa della Scozia.
Secondo la leggenda, vi era un condottiero che viveva a Kintail, ed
era padre orgoglioso di un bel bambino. L'uomo soffriva di un borioso senso
di importanza, sentendosi su un piedistallo ben al di sopra delle classi inferiori,
che liquidava come gente stupida e superstiziosa.
Avendo sentito dire di una credenza popolare, secondo la quale se un bambino
avesse bevuto la sua prima volta dal teschio di un corvo avrebbe sviluppato
poteri sovrumani, il comandante decise, per divertimento, di testare la leggenda
sul proprio figlio, per dimostrarne la falsità.
Non appena il fanciullo fu in grado di essere allontanato dal seno materno,
la nutrice venne provvista di un teschio di corvo, e le fu ordinato di offrire
la prima bevanda al bambino con quel macabro calice.
Una volta preso il primo sorso, il figlio del comandante divenne subito capace
di capire il linguaggio degli uccelli, e di conversare con essi. Naturalmente,
essendo il bambino ancora molto piccolo, il padre non si accorse subito del
cambiamento. Ma quando ciò divenne chiaro, il comandante rimase deluso
dal fallimento del suo esperimento; la delusione era però attenuata dal
divertimento nel constatare le enormi abilità di suo figlio.
Il bambino crebbe fino a diventare adulto, e rimase in rapporti amichevoli con
il padre. Un giorno il comandante domandò al figlio come mai tanti uccelli
stavano cinguettando intorno alla loro casa, e di che cosa stavano parlando.
Il figlio rispose che lo stormo parlava di un giorno che doveva venire, quando
il padre avrebbe servito suo figlio a tavola.
Il comandante, offeso da un tale insulto, bandì il figlio da casa e dalla
sua terra, condannandolo ad una vita vagabonda. Così egli si imbarcò,
e infine sbarcò in Francia. Lì venne a sapere che la pace del
palazzo reale era disturbata da uno stormo di passeri che causava un rumore
continuo alle finestre degli appartamenti reali. Il giovane decise allora di
presentarsi al castello e offrire i suoi servigi al re, vista la sua capacità
di comunicare con gli uccelli. Si scoprì allora che il motivo di tanto
baccano era una disputa scoppiata all'interno dell stormo, per la quale nessuno
voleva cedere. Il giovane, dopo vari tentativi, riusci a negoziare la pace tra
gli uccelli, cosìcchè il loro chiacchiericcio non avrebbe disturbato
più le orecchie del re.
Il sovrano fu talmente grato al ragazzo che lo ricompensò con una nave
e una ciurma per la navigazione; il giovane continuò così la sua
vita vagabonda in mare, imparando nuove esperienze quasi ogni giorno. Ovunque
andava la sua abilità suscitava meraviglia, e la sua fama percorreva
le città e le nazioni. Il figlio del comandante veniva ricoperto di doni
in tutti i posti che visitava, e li conservava come souvenirs. Dopo molti anni,
la sua nave giunse al porto di un paese sconosciuto. Lì si diceva che
il re del posto era assalito dai ratti, che infestavano il palazzo, e non si
era riusciti a sbarazzarsene. In questo caso la sua abilità con gli uccelli
serviva a poco, ma c'era un gatto, sulla nave, sempre affamato, che il giovane
regalò al re, permettendogli così di gestire il problema, visto
che il numero di topi cominciava a ridursi. E il re ricompensò il ragazzo
con molto oro.
Venne il giorno in cui, avendo visitato abbastanza luoghi del mondo, il figlio
del condottiero desiderò rivedere la sua terra natale. Partì perciò
alla volta della Scozia, e attraccò presso Loch Alsh. La vista
di una nava così grande suscitò la sorpresa generale nella regione,
e il vanitoso, vecchio re, deciso a fare bella figura, offrì ospitalità
al capitano della nave e al suo equipaggio. E così il figlio del comandante
e i suoi uomini sedettero alla tavola con il vecchio re; così come lo
stormo aveva profetizzato molti anni prima, il padre servì il suo proprio
figlio a tavola. Una volta rivelatasi al verità, mancò poco che
il comandante impazzisse dallo shock.
L'abilità del giovane, unita all'esperienza acquisita con i suoi numerosi
viaggi, lo rese unico in tutto il territorio, tanto che lo stesso Re Alessandro
gli concesse l'onore di essere uno dei supervisori della costruzione del castello
di Eilean Donan, a difesa di Kintail e delle terre intorno
dagli attacchi dei Norvegesi.
Smoo Cave - Situata a Durness, è una caverna
costituita da tre camere di roccia calcarea, posta appena sopra il livello del
mare, sulla costa. E' credenza popolare che essa sia una delle porte verso il
mondo fatato.
La leggenda parla di un pifferaio che entrato nella caverna suonando il suo
flauto, non è stato mai più visto; ogni tanto sembra che il vento
porti il suono del suo strumento, un suono labile e lontano, proveniente dal
profondo della terra.
Ma la leggenda meglio conosciuta riguarda certamente lo Stregone di Reay, Donald
Mackay. Secondo le fonti, egli studiò le arti magiche, specialmente la
Magia Nera, in Italia, sotto la tutela del Diavolo in persona. Quando Mackay
finì il suo apprendistato, il Diavolo tentò, com'è sua
abitudine, di rubare l'anima al suo allievo. Ma Reay conosceva i trucchi del
suo maestro, e gridando 'Il Diavolo prende l'ultimo!', fuggì perdendo
solo la sua ombra. Da allora si disse infatti che lo Stregone di Reay viveva
senza la sua ombra.
Un'altra versione della leggenda vuole Reay abile nell'imprigionare i suoi nemici
all'interno della Smoo Cave con un incantesimo, facendoli poi affogare
con l' alta marea.
Morag di Loch Morar - Loch Morar non è
grande come Loch Ness, ma le sue acque sono molto profonde, e si dice
che nei recessi più oscuri del lago si nasconda un mostro molto simile
al più famoso Nessie. Questa creatura è conosciuta come Morag.
I primi avvistamenti di cui le cronache
hanno notizia risalgono alla seconda metà del XIX sec.; di volta in volta,
pescatori a pesca nel lago, o viaggiatori che percorevano le coste rocciose
di Loch Morar, affermarono di aver avvistato, nel lago, una o più
gobbe, come barche rovesciate.
Superstizioni sulla morte e la paura di morire erano radicate profondamente
nella cultura scozzese di quell'epoca, specialmente nelle Highlands, e qualcuno
disse che quegli strani avvistamenti erano presagi di morte, navi fantasma che
avvertivano di una tragedia imminente. Ma altri non erano così sicuri,
ed erano convinti che quelle gobbe facevano parte di qualcosa di vivente, una
misteriosa creatura che raramente si faceva vedere.
Gl anni passarono, e le voci sulla creatura di Loch Morar crescevano
lentamente, fino ad acquisire una propria definizione, e con essa nacque il
nome del mostro: Morag di Loch Morar.
La maggior parte dei testimoni dell'essere acquatico furono pescatori. Nel 1960
una sua comparsa rovinò , secondo quanto si dice, un'intera giornata
di pesca a due giovani uomini. Mentre si trovavano al centro del lago, i due
videro quello che pareva una roccia liscia e rotonda, che emergeva dall'acqua.
I pescatori si avvicinarono nel tentativo di aggirarla, quando il piccolo isolotto
si mosse, si alzò sull'acqua e ricadde, provocando un'onda talmente forte
che rischiò di rovesciare l'imbarcazione. I due, terrorizzati, dimenticarono
la giornata di pesca e si precipitarono verso la riva. Quando dovettero riportare
la barca al padrone da cui l'avevano affittata, non poterono fare altro che
borbottare di un 'pericolo là fuori'.
Secondo le ricostruzioni dei testimoni, Morag sarebbe molto simile
nell'aspetto a Nessie; quindi anche in questo caso si ipotizza che
la creatura possa essere un Plesiosauro. Peraltro alcuni portano avanti una
teoria quantomeno singolare, e cioè che esisterebbe un canale di collegamento
tra Loch Ness e Loch Morar, che permetterebbe a Nessie
di passare da un lago all'altro.
Altri invece propendono per l'esistenza di due 'mostri', e anzi si spingono
fino ad affermare che esisterebbero altre creature del genere in numerosi laghi
scozzesi.
Il cigno di Loch Sunart - La leggenda narra del figlio
di un condottiero, che viveva presso Loch Sunart, il quale si innamorò
perdutamente di un bellissima fanciulla, figlia di un povero affittuario.
Il giovane amava tutto di lei, e la incontrava tutti i giorni presso la riva
del lago: i due amanti si tenevano per mano, e pronunciavano parole d'amore,
vagando per lungo tempo vicino all'acqua.
Quando infine il ragazzo decise di parlare alla madre del suo desiderio di sposare
la giovane, la donna si infuriò, non potendo tollerare che il membro
di una nobile famiglia sposasse la figlia di un povero affittuario. Perciò
ordinò al figlio di non vedere nè parlare mai più con la
fanciulla.
Il giovane ignorò gli ordini della madre, e continuò ad incontrarsi
con la sua amante, confidando che un giorno sua madre potesse cambiare idea,
e acconsentire alle nozze.
Ma quando la donna capì di essere stata disobbedita, sconvolta dalla
collera chiamò una strega, e le chiese di gettare un incantesimo sulla
figlia dell'affittuario, così da potersene sbarazzare per sempre.
La strega attese la ragazza sulle rive del lago, e la trasformò in un
cigno.
Il figlio del comandante arrivò poco dopo, e attese invano fino a notte
l'arrivo della sua amata. Così fece per i giorni a venire, sperando sempre
in un suo ritorno, e sempre rimanendo deluso; finchè alla fine capì
di averla perduta.
Molte settimane dopo, durante una battuta di caccia, il giovane uccise un cigno
con il suo arco. L'animale, mortalmente ferito, si adagiò vicino all'acqua.
Ma nel momento della morte, il cigno si trasformò in una bellissima ragazza,
che il giovane riconobbe come la sua amata.
Nel momento in cui il corpo del cigno veniva rapito dalle onde, il ragazzo capì
che non poteva vivere senza il suo amore, ed entrò a sua volta in acqua,
dove si pugnalò al cuore. In quel preciso istante tutti i cigni del lago
volarono via, senza mai più fare ritorno a Loch Sunart.
Il salvataggio della Foresta -
La maggior parte della Foresta di Caledonia oggi è perduta per sempre;
ma centinaia di anni fa essa copriva una vastissima parte della Scozia, regno
incontaminato di animali e piante di ogni tipo, che fornivano legname agli abitanti
dei villaggi vicini. Con il tempo la Foresta si ridusse, per favorire la cotruzione
di fattorie e di pascoli, e il legname venne utilizzato per gli edifici, ma
anche come combustibile e, più tardi, per creare la carta.
Secondo la leggenda, però, una volta soltanto la Foresta di Caledonia
richiò seriamente di scomparire.
Tempo fa, quando la Foresta si estendeva fino alle coste settentrionali della
Scozia, giunse una strega diabolica dal cielo, per distruggere con il fuoco
il grande bosco.
Secondo una versione della leggenda, la strega sarebbe stata mandata dal geloso
Re di Lochlan; ma un'altra versione indica la megera come serva di
Beira, dea dell'inverno, frustrata ogni anno dall'arrivo dell'estate,
che porta calore e rigenera la natura.
Nella parte più calda dell'estate, pertanto, la strega venne da un'isola
lontana per distruggere la Foresta di Caledonia.
Nascosta alla vista da una grande nuvola grigia, che gettava sul terreno sottostante
un'orribile ombra scura, cominciò a lanciare enormi palle di fuoco sulla
parte settentrionale della foresta, incendiandola.
Giorno dopo giorno la strega continuava nella sua opera crudele, e l'incendio
si propagava senza controllo.
La gente di Badenoch divenne sempre più preoccupata mano a mano
che l'incendio si avvicinava alle loro terre, ma nessuno sapeva come risolvere
il problema, dato che fino a quando la strega era rifugiata all'interno della
nuvola, era praticamente inattaccabile.
Ma ecco che un guerriero coraggioso si fece avanti, dicendo di avere un piano
per uccidere la strega. Assicurò gli abitanti di Badenoch che
avrebbe riportato la pace, ma che il suo progetto aveva bisogno di tempo; per
questo la gente avrebbe dovuto pazientare, fidandosi di lui, qualunque cosa
vedesse o udisse. La popolazione fu d'accordo, anche perchè non c'era
nessun altro disposto a rischiare per salvare la foresta.
Il guerriero diede inizio al suo piano:
lavorando giorno e notte, prelevò tutti i cuccioli di mucche, pecore
e cavalli, e li nascose lontano dalle loro madri, cosi da non poter essere trovati.
Presto si alzarono al cielo pianti e urla degli animali sofferenti per la separazione.
Il suono, terribile a udirsi, continuò incessantemente giorno e notte,
tanto che la gente di Badenoch desiderò non aver mai promesso
la propria pazienza al guerriero.
L'uomo coraggioso prese allora la sua lancia e si appostò sul punto più
alto della zona, in attesa. Quando i primi raggi di sole spuntarono all'orizzonte,
la strega venne, preceduta da tuoni e fulmini. Il guerriero bilanciò
la propria arma e attese ancora.
Protetta dalla nuvola, la strega udì i pianti strazianti degli animali,
e si domandò che cosa potesse averli provocati. C'era forse qualcosa
di più terribile di lei là sotto? Non potendo frenare oltre la
propria curiosità, la megera decise di dare un'occhiata.
Non appena sporse la testa fuori dalla nuvola, il guerriero lanciò la
sua arma e colpì il bersaglio. La vecchia precipitò con un urlo,
e dietro di lei la nuvola si strappò in due, generando una grande quantità
di pioggia che si riversò sugli alberi sottostanti, spegnendo l'incendio
che la malvagità della strega aveva provocato. La Foresta di Caledonia
era salva.
Il grande Uomo Grigio del Ben Macdhui - Ben Macdhui
è il picco più alto nei Cairngorms, e il secondo
più alto di tutta la Scozia. La montagna è meta ambita degli scalatori,
che provengono da varie regioni per inerpicarsi lungo i numeroci sentieri che
portano alla cima.
Ma il Ben Macdhui non è conosciuto solo per la sua bellezza;
per oltre un secolo si è parlato della possibilità che ci sia
qualcosa di spaventoso in agguato su quella montagna. Durante tutto questo tempo
infatti molti scalatori hanno affermato di essere stati testimoni di una misteriosa
presenza, per alcuni fisica, per altri semplicemente psichica. L'essere è
stato chiamato Am Fear Liath Mor, o Il Grande Uomo Grigio.
Sui montuosi pendii del picco, lontano dal rumore della città, è
molto facile lasciare che la mente vaghi e immagini la presenza di esseri e
creature soprannaturali, in realtà eco strane, giochi di luce, sagome
nella nebbia o forme create dal movimento del sole in luoghi che non si conoscono.
D'altra parte l'uomo è un animale sociale, e la solitudine è qualcosa
di alieno, di estraneo alla sua natura: è la solitudine, perciò,
che spesso e volentieri altera la percezione, specialmente in ambienti non abituali,
e fa nascere paure strane.
Come è accaduto per altri 'mostri' popolari, come il Big Foot
americano o lo Yeti Himalayano, anche l'Uomo Grigio del Ben Macdhui
è stato avvistato e descritto. Ma in questo caso c'è un particolare
inquietante che accompagna l'arrivo di questo essere, e che non si riscontra
per gli altri suoi 'cugini': la sua presenza non viene percepita soltanto dai
normali sensi fisici, ma è avvertita profondamente nello spirito, in
un modo che, a quanto si è detto, provoca un profondo e duraturo senso
di disagio.
E' quindi stato ipotizzato che l'Uomo Grigio esercita una forte influenza psichica
nei confronti delle persone che incontra.
La prima volta che si parlò di una strana presenza sul Ben Macdhui
in Scozia risale al 1925. Norman Collie, professore di chimica di Londra ed
esperto montanaro, riportò la sua storia ai memebri del Cairngorm
Club in occasione dell'incontro annuale del gruppo. Nel 1891 il professore
percorreva uno dei sentieri della montagna in solitudine sulla via del ritorno,
dopo essere arrivato in cima. C'era una fitta nebbia, e all'improvviso l'uomo
avvertì un rumore di passi alle sue spalle. Per ogni quattro passi che
il professore faceva, un passo avanzava; questo significava che chi lo seguiva
aveva una stazza molto più grande della sua. All'inizio provò
ad ignorare quel suono, ma all'improvviso venne colto da un tale senso di panico
che si precipitò correndo verso la valle, senza mai voltarsi indietro.
E dopo quell'esperienza terribile il professore non tornò mai più
sul Ben Macdhui.
Il racconto di Collie venne accolto da un certo scetticismo, ma una persona,
IL Dr. A. M. Kellas, ne rimase molto colpito. Tanto che più tardi scrisse
a Collie raccontando la sua esperienza.
Egli si trovava con il fratello sulla montagna, per raccogliere cristalli alla
base della cima del picco. Improvvisamente i due scorsero in lontananza una
figura che scendeva verso di loro, nella nebbia. Come Collie, anche Kellas e
il fratello vennero colti da un accesso di panico e fuggirono via più
velocemente possibile.
Nel 1944 il Capitano Sir Hugh Rankin affermò di avere incontrato e parlato
con l'Uomo Grigio in ben due occasioni. Secondo Hugh (buddhista) l'essere sarebbe
un Bodhisattwa (un essere con un più elevato livello di incarnazione,
vicino a quello del Buddha, e che ha ricevuto l'illuminazione per agire come
guida per gli altri, per portarli verso il suo stesso stato).
Sir Hugh restò sempre umile, ma mai impaurito. La sua esperienza, a differenza
di quella di Collie e di Kellas, sarebbe stata benigna. Ma per la maggior parte
di coloro che hanno avuto a che fare in qualche modo con al presenza sul Ben
Macdhui, i sentimenti predominanti sono stati la paura e un terribile senso
di depressione, che in alcuni casi hanno portato a pensieri suicidi (precipitare
in qualche scarpata o cadere lungo il fianco del monte).
In ogni caso, qualunque cosa si nasconda sulla montagna scozzese, molti restano
scettici e parlano di allucinazione; e sfortunatamente, Collie, Kellas e molti
altri, sono stati indotti a convincersi che 'non c'è niente lassù'.
I violinisti di Tomnahurich - Vi erano un paio di musicisti
che vivevano nella regione dell' Inverness-shire. Essi, nonostante
la loro abilità nel suonare il violino, erano molto sfortunati, e non
riuscivano a trovare un lavoro duraturo.
Un giorno però incontrarono un vecchio, che disse loro che poteva trovargli
lavoro per una notte, e i due artisti acconsentirono di buon grado. Il vecchio
li condusse sulla sommità della collina di Tomnahurich, e poi
attraverso un'entrata che i due musicisti non avevano mai visto.
Tomnahurich Hill
I violinisti si trovarono
allora in una stanza luminosa, rallegrata da voci e riccamente decorata. Giovani
e bellissime ragazze, uomini e ragazzi banchettavano festosamente; c'era cibo
e bevande in abbondanza, e i suonatori vennero invitati a rifocillarsi prima
di dare inizio alle danze. Subito dopo, i due compagni presero i violini e cominciarono
a suonare. La festa durò tutta la notte, e gli ospiti furono molto soddisfatti
della musica che veniva loro offerta.
Quando venne il momento di concludere la serata, il vecchio ricompensò
i violinisti con una borsa piena di monete d'oro, e li accompagnò all'uscita
della misteriosa collina, verso il cielo grigio dell'alba nascente.
I due musicisti erano felici e soddisfatti, ma quando giunsero in città,
non credettero ai propri occhi: nuovi edifici erano sorti, e tutto era cambiato
completamente. Camminando per la strada non riuscivano a riconoscere nessuno,
ed anzi venivano guardati con occhiate divertite da parte della gente, per via
dei loro abiti 'fuori moda'.
La campana della chiesa suonava, e i due vilinisti decisero di rifugiarsi all'interno
dell'edificio, per cercare conforto nei riti abituali. Ma quando il parroco
iniziò a parlare, e nominò il nome di Dio, i due compagni caddero
a terra svenuti.
Non erano stati via solo una notte, ma erano rimasti nel Regno Incantato per
cento anni. E il vecchio che li aveva invitati a suonare non era altri che Thomas
il Poeta.
Il Gigante di Morvern - Molto tempo fa viveva un gigante
enorme a Morvern, sulla costa occidentale di Argyll, tra Loch
Linnhe e Loch Sunart. Attraverso il mare, di fronte a Morvern,
stava l' Isola di Mull, dove vivevano molti altri giganti, che il Gigante
di Morvern odiava intensamente. Egli si divertiva spessissimo a lanciare
sull'isola grandi massi, essendo il più grande e il più forte
di tutti i giganti di Mull. Una volta causò a due di essi gravi
ferite.
Quando aveva fame, il Gigante di Morvern, con una enorme canna da pesca
che aveva come amo l'ancora di una nave, pescava balene e se ne cibava. Era
anche un ladro, e un giorno rubò parte del tesoro al Re di Ardnamurchan,
infilando semplicemente una mano all'interno del camino che dava sulla stanza
reale.
Il Re e i suoi uomini
diedero la caccia al ladro, che procedeva verso Est, lungo la costa settentrionale
di Loch Sunart, per poi tornare verso Morvern.
Il Re allora decise di tagliare la strada al gigante attraversando il lago in
barca; il gigante però si accorse della manovra, e preso un masso enorme,
lo lanciò nel lago, provocando un'onda così alta da rischiare
di sommergere l'imbarcazione reale.
Ma i soldati non si diedero per vinti, e con tenacia riuscirono a superare l'ostacolo
e a continuare l'inseguimento. Quando furono vicini alla costa, il guerriero
più coraggioso del Re gridò al gigante di fermarsi, e di accettare
la sfida che l'uomo gli stava lanciando.
Il gigante, con una risata di superiorità, si girò per guardare
in faccia il piccolo uomo che osava parlare, e facendo ciò, espose il
neo che aveva sulla fronte all'arco del guerriero, che conosceva il punto debole
dei giganti. Colpito in pieno, il gigante con un tonfo tremendo si abbattè
al suolo, morto. Il re fece tagliare la testa del mostro, si riprese il tesoro
e tornò con la prova dell'impresa verso Ardnamurchan, soddisfatto
del risultato della caccia.