Macerata carolingia

Una questione critica

Parlare di Macerata in questo momento significa entrare in un mondo praticamente al di la’ del tempo e della storia. Da diversi anni si parla infatti della presenza della dinastia carolingia nel territorio della Val di Chienti, dapprima associando i toponimi del territorio ai nomi francesi delle cronache medievali di prima dell’anno Mille (come tradotte e organizzate dai medievalisti tedeschi); poi c’e’ stato chi, come il Prof. Giovanni Carnevale, ha deciso di approfondire la questione con una metodologia multidisciplinare che ha coinvolto teologia, storia, archeologia e semantica per produrre una vera e propria teoria, ad oggi la piu’ completa e rigorosa.
Vi sono stati altri studiosi, con cui il nostro gruppo non collabora direttamente ma che hanno, da varie prospettive, cercato di saggiare la veridicita’ della tesi di Carnevale che vuole la dinastia carolingia essere nata dal nulla proprio sul territorio marchigiano e aver assunto un’importanza fondamentale per i destini d’Europa.
Dal nulla perche’ Carlo Martello non fu un membro della stirpe “semi-divina” dei Merovingi, ma di discendenza guerresca (suo padre era uno dei piu’ abili generali di corte). Il suo esilio forzato lo avrebbe portato oltre le Alpi fino a giungere a sud del fiume Musone in Val di Chienti, dove trovo’ i “franchi” Aquitani che fuggivano dalla Gallia sotto la pressione Araba. Egli utilizzo’ quella popolazione di esuli per formare un esercito che spodesto’ Plectrude dal trono Merovingio.
Dalle Marche partirono le spedizioni di guerra di Carlo Martello contro gli Arabi; dalle Marche quelle del figlio Pipino il Breve sempre contro la minaccia dell’invasione Islamica; nelle Marche Carlo Magno formo’ il regno di Francia riorganizzando i territori, inviando funzionari a governare le provincie prima appartenenti ai Longobardi, e combattendo i Normanni in Germania e i Sassoni in Sassonia (regione a Nord del Musone che confinava con l’Esarcato di Ravenna e le coste Adriatiche).
Date, nomi, vicende storiche si susseguono velocemente mescolandosi alla storia “ufficiale” secondo la quale Papi e Re attraversavano miglia e miglia di territorio in pochi giorni per visitare Aquisgrana (Germania), Saint Denis (Francia), Roma (Lazio).
E’ proprio dalla questione delle distanze che parte la nostra riflessione critica. Ovviamente da una prospettiva moderna passare da una Francia/Gallia a una Roma Tiberina e ritorno in uno o due giorni non e’ un’impresa proibitiva. Ma proviamo a viaggiare indietro nel tempo di mille e trecento anni e pensare a cosa potesse significare una cosa del genere quando i mezzi piu’ veloci erano i cavalli. Ha piu’ senso pensare che le cronache del tempo scrivessero per simboli e metafore e che, quindi, gli elementi spazio temporali non dovevano essere posti allo stesso livello della filologia storica? Oppure si dovrebbe partire proprio da quegli elementi, cercando di restringere il campo delle vicende storiche a un territorio piu’ compatto che, tra l’altro, porta ancora tracce visibili nei dialetti locali, nei nomi di luoghi, nelle credenze e nei simboli delle Marche?
La questione critica che ha portato il nostro gruppo ad interessarci delle tesi carolingie del Prof. Carnevale ha alla base il percorso logico delle vicende narrate. Se si posiziona l’Urbe nelle Marche, Aquisgrana nelle Marche, Saint Denis nelle Marche, ecco che la funzione spazio/tempo non puo’ piu’ essere ignorata ma diventa la conditio sine qua non per la comprensione delle vicende che vanno dalla caduta di Roma all’avvento dei Comuni.
Siamo partiti, come dicevamo, dalle tesi del Prof. Carnevale che, coadiuvato dal suo prezioso collaboratore Domenico Antognozzi, ha viaggiato per trent’anni nelle Marche esplorando chiese e borghi ma anche archivi e documenti, maturando la certezza che la vera Francia era nel Piceno.
Altri in seguito hanno avanzato ipotesi simili, anche se ciascuno nella disciplina di sua competenza e dando una personale interpretazione a fatti e luoghi; ogni ricerca, se condotta con obiettivita’ e onesta’ critica, e’ un tassello che porta verso l’obiettivo comune di rivalutare le Marche per l’importanza storica avuta durante il cosiddetto “Seculum Obscurum”, il periodo buio dell’Alto Medioevo che fino ad ora abbiamo conosciuto solo attraverso la versione presentata dagli studiosi tedeschi.
Durante la conferenza stampa tenuta a San Claudio l’11 giugno scorso abbiamo ribadito l’importanza fondamentale che gli studiosi sul territorio facciano fronte comune in questa ricerca, mettendo da parte ambizioni individualiste e mire personali per una piu’ elevata e meritevole missione: portare la luce sui secoli di tenebre che la Damnatio Memoriae di Suger ha prodotto sulla Val di Chienti.
Noi crediamo che solo un’unita’ di intenti e un forte spirito collaborativo possa sensibilizzare il mondo accademico internazionale sulla questione carolingia e la sua genesi. Il dialogo con la Germania sara’ a quel punto una conseguenza naturale e, speriamo, produttrice di una rivisitazione dell’elemento spazio-temporale sull’Alto Medioevo che, diciamolo, non ha mai interamente convinto.
Uno scenario per certi versi utopistico visto e considerato gli attriti che esistono nel mondo accademico ma noi, che a quel mondo non apparteniamo, e soprattutto l’opinione pubblica che e’ e rimane il retaggio culturale di quelle vicende, noi tutti abbiamo il dovere di comunicare l’esigenza (l’urgenza) di aprire le menti a questo nuovo scenario storico che chiede di essere rivelato.
Dalle Marche carolingie e’ partita e  si e’ formata l’Europa, dal sangue e dal coraggio di personaggi come Carlo Magno e Enrico I i quali, ci spiega il Prof. Carnevale, partendo dalla Val di Chienti hanno impedito che la fine di Roma fosse anche la fine della civilta’ occidentale.

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