Le memorie di Rosciano
Un castello al confine dell'Invisibile
Diego Antolini
12/08/2016 22:24:43
DALLE ORIGINI ALLA RINASCITA
L’origine del nome
non e’ certa: Russanum, Rescanum, Recsano o Rusciano, di derivazione
indoeuropea e oggi divenuto Rosciano, significa “luogo ameno dove nascono le
rose”.
L’area dove sorge il castello era abitata gia’ al tempo degli Etruschi e forse
anche in epoca antecedente. Le prime notizie, secondo lo storico Felice Ciatti,
risalgono al 548 e.v. quando la fortezza venne attaccata e distrutta da Totila
re dei Goti. Rosciano prendeva il nome dalle rose scolpite sulle pietre del
castello. Il luogo e’ in effetti molto particolare: situato a Signoria, una localita’
tra Torgiano e Bettona e nascosto da un fitto bosco, il maniero divenne
avamposto fortificato dei Longobardi intorno al X secolo in pietra arenaria e
fece parte del Granducato di Spoleto. Era considerato un punto strategico
perche’ si poteva controllare la confluenza di strade e fiumi lungo l’antico
corridoio bizantino. Gia’ nell’Anno Mille era considerato imprendibile per le
alte mura e per la presenza di due profondi fossi che lo circondavano;
appartenne a famiglie di origine imperiale al seguito di Federico I e Federico
II. All’interno del nucleo fortificato esisteva un monastero appartenente agli
Scifi, la piu antica famiglia che si conosca ad aver posseduto il castello. Di
origine germanica, nobili di Sassorosso sul Monte Subasio (famiglia da cui
discese Santa Chiara di Assisi) gli Scifi ricoprirono la carica di “Picerna
Imperii” o coppieri dell’Impero, testimoni agli atti ufficiali.
La proprieta’ passo’ per molte mani illustri, dai Tancredi (stirpe di
condottieri) ai Montemelini, ai Della
Staffa, ai Signorelli e poi Graziani, Baglioni e Ansidei. Poi entro’ a far
parte dello Stato Pontificio fino all’unificazione dell’Italia.
Il Castello di Rosciano non era solo la residenza di famiglie nobili ma un vero
e proprio feudo con un territorio compreso tra il fosso Maggiore al confine con
Bettona, la Chiesa del Crocifisso al confine con Pontenuovo e il fiume
Chiascio. Il feudatario godeva di autonomia, stabiliva le tasse, amministrava
la giustizia e imponeva il pedaggio per attraversare il ponte di Rosciano; i
capi famiglia residenti nel feudo ogni anno dovevano giurare fedelta’ al
feudatario. Il castello tocco’ il suo apice tra l’anno mille e il 1500 ma il
suo declino inizio’ con la costruzione del castello di Torgiano nel 1274
(quando i signori di Rosciano del tempo vendettero terre al comune di Perugia
per la sua edificazione). Nel territorio del feudo si contano 11 chiese tra cui
l’Abbazia di Santa Maria di Baltignana, il monastero-priorato “Chiesa di
Sant’Angelo” (eretto nel 1248 dal Beato Martino, generale dei Camaldolesi) e
una pieve all’interno del castello stesso, con due chiese dedicate
rispettivamente a San Bartolomeo e San Salvatore. La chiesa piu’ antica risale
al 1058 (Santa Maria di Baltignana). Rosciano era cosi’ importante a livello
religioso che possedeva un canonico che lo rappresentava presso la cattedrale
di San Rufino (Assisi).
Nel 1198 Papa Innocenzo III affidava la cura spirituale della popolazione del
castello al vescovo di Assisi. Nel XIII secolo il feudo passo’ in proprieta’
alla stirpe dei Tancredi, che aveva acquisito un grande potere (Omodeo di
Tancredi era uno dei consoli di Perugia nel 1202 e suo figlio Tancredi I
divenne sindaco della citta’).
Nel 1384 il Castello di Rosciano venne attaccato e distrutto da Perugia (a cui
si era ribellato).
Nel 1410 la famiglia dei Montemelini compare come proprietaria del castello e
furono loro a costrurire il ponte sul Chiascio. Accanto al ponte fu costruita
un’osteria che divenne famosa per via dell’oste che usava derubare i suoi
ospiti. Alla fine l’uomo fu fatto impiccare da Malatesta di Pandolfo Baglioni,
signore di Rosciano. Dai Montemelini la proprieta’ passo’ alla famiglia Della
Staffa e, da questa, a Fabrizio III di Ridolfo Signorelli (famoso capitano di
ventura) come parte della dote portata da Lingarda della Staffa in occasione
della loro unione.
Nel 1585 il Vescovo di Assisi Mons. Pignatelli venne in visita pastorale
trovando le chiese in rovina; nel 1593 fu la volta del Vescovo di Perugia Mons.
Comitoli che annoto’ come le chiese non avevano fedeli (erano tutti passati
alla parrocchia di Torgiano).
Rosciano rimase di proprieta’ dei Signorelli fino al 1699, quando con Camillo
la famiglia si estinse, Passo’ allora ai nobili Graziani, Baglioni e Ansidei
che si alternavano nel possesso utilizzando il castello come ritrovo di riposo
e di caccia ma senza porre in atto alcuna cura, tanto che gli edifici
cominciarono un inesorabile decadimento. Nel 1798 il castello, ormai
abbandonato, venne riunito a Deruta per poi tornare nella giursdizione di
Perugia.
Nel 1817 ne erano proprietari i conti Ludovico Ansidei, Benedetto Baglioni e
Anna Graziani. Infine la Chiesa, a seguito del “motu proprio” di Papa Pio VII
lo reclamo’. Rosciano fu, durante la sua decadenza, rifugio di briganti e
vagabondi e fu in questo periodo “buio” che dovettero sorgere le leggende su
maledizioni, fantasmi e tesori nascosti mai ritrovati.
Nel XIX secolo la storia di Rosciano si incrocia con la famiglia di Fausta
Ciotti, quando tutta la proprieta’ fu acqustata dai fratelli Don Crispolto
(arciprete di Bettona) e Francesco Ciotti. Questi poi lo passarono in eredita’
a Giuseppe Ciotti (padre di Fausta). Il castello era a quel tempo in totale
rovina, praticamente inaccessibile a causa della fitta vegetazione che lo
ricopriva quasi interamente. Fausta e sua sorella Beatrice accompagnavano
spesso loro padre lungo interminabili passeggiate nel bosco fino ai ruderi del
castello e queste esperienze maturarono in Fausta un grande amore per la natura
e per i suoi molteplici linguaggi. Le prime esperienze a Rosciano in compagnia
del padre vengono descritte da Fausta cosi’:
“Rivedo ancora il buio misterioso di alcuni
spazi che si aprivano al mio sguardo e che mi erano vietati...rivedo una catena
che chiudeva un antico portale...ma soprattutto una scalinata che allora saliva
verso l’ignoto e si perdeva nel nulla”
Negli anni Sessanta,
mentre Fausta frequentava le scuole superiori, il castello venne venduto dal
padre per una somma irrisoria alla famiglia Alunni Bistocchi, che in effetti
era piu’ interessata ai terreni circostanti che al castello e al bosco. Per
Giuseppe fu una scelta dolorosa ma necessaria per poter assicurare alla quattro
figlie (Fausta, Beatrice, Patrizia, Emanuela) un’educazione scolastica. Per
Fausta fu addirittura un trauma: ancora giovanissima, giuro’ a se stessa che
avrebbe ripreso la terra e il castello con i soldi della sua futura
professione.
Passarono trent’anni durante i quali Fausta ebbe una brillante carriera
professionale come psicoterapeuta, che le permise crearsi numerosi rapporti professionali
e delle entrate adeguate a mantenere la sua promessa di ragazza. Ricchezze
materiali ma anche affettive, visto che durante quegli anni conobbe e sposo’
Remo Granocchia (che chiama il suo “Cavaliere”) e con il suo aiuto non solo
riacquisto’ il castello il 1 Maggio 1992 [giorno di Beltane o Valpurga,
l’inizio del periodo della Luce secondo l’anno nella tradizione Celtica n.d.a.],
ma lo riporto’ agli antichi fasti con un lavoro instancabile durato dieci anni.
La ricostruzione ha assorbito la famiglia Ciotti interamente nel fisico, nella
mente e nelle emozioni. Sembra incredibile che due sole persone (Remo e Matteo,
il figlio) coadiuvate da Fausta e Chiara (l’altra figlia) possano aver ridato
forma alla torre, alla chiesa, alle antiche sale. Ma naturalmente non sono mai
stati soli, visto che il castello e la sua energia ha accompagnato il lavoro
manuale, anche perche’ ogni ambiente e’ stato restaurato seguendo l’antico
disegno e rispettando le tecniche di costruzione originali. Tale rinascita
sarebbe stata profetizzato dalla leggenda legata alla costruzione del castello
secondo la quale, se esso fosse stato perduto, sarebbe caduto in una specie di
“sonno” per poi tornare alla vita grazie all’amore sincero e innocente di una
bambina che lo aveva amato in passato. Il castello stesso “sceglie” colei che
dovra’ custodirne l’essenza, l’anima, ma che nei lavori materiali dovra’ esserele
affiancato un forte cavaliere che dovra’ proteggerla durante la ricostruzione.
La storia di Fausta si intreccia con la leggenda e nella leggenda tutt’ora
vive, intessuta in una trama antica e profonda che si riflette oggi sulle
antiche tradizioni che lei ha riportato in auge: accoglienza con i cerimoniali
medievali, la consegna agli ospiti delle chiavi del castello e, alle dame,
dell’anello d’argento a forma di rosa da parte della Castellana (impersonata
dalla stessa Fausta). Altre iniziative sono legate ai bambini e al mondo del
fantastico che Rosciano dispensa senza soluzione di continuita’, come “la Festa
di Investitura di Dame e Cavalieri” o le passeggiate nel bosco alla ricerca del
Piccolo Popolo e dell’ingresso nel loro mondo.
Il Castello, oggi sotto il vincolo dello Stato, e’ stato restaurato con la
supervisione della Sovrintendenza ai Beni Culturali di Perugia nella persona
dell’architetto Fabio Palombaro che ha fornito preziose indicazioni storiche e
archeologiche, e dell’assistenza tecnica dell’ingegnere Fausto Ciotti. I
materiali utilizzati sono stati le stesse pietre originali che erano sparse ai
piedi delle mura diroccate in gran quantita’. Le pietre, arenaria di colore
grigio-azzurro, sono state raccolte e ridistribuite nella proprieta’.
Durante i lavori tutti potevano avvertire la magia del luogo nei silenzi e
nelle voci della natura, ma anche attraverso un’impressione costante di “essere
osservati”, di non essere mai soli.
Nel 1996 la prima sala completamente restaurata, la Sala del Camino, fu
inaugurata in occasione della manifestazione “Vignaioli e Tavernieri” della
comunita’ di Torgiano. Dopo molti secoli, una nuova famiglia tornava ad abitare
il castello.
Nel 1998 venne celebrato il primo matrimonio a Rosciano tra Chiara e Christophe
e, per l’occasione, venne aperta la millenaria Sala Lingarda che solo pochi
hanni prima era interamente sepolta sotto una montagna di detriti. Durante la
cerimonia il castello si allago’; secondo Fausta fu un segnale che gli “Antichi
Signori” erano presenti e rimanevano sempre i veri padroni di Rosciano.
A poco a poco altre parti del castello sono state restaurate: l’antico
monastero con la sala Capitolare; la Torre dedicata alla “Tessitrice d’Oro”,
una dama vissuta molti secoli prima e che oggi e’ una delle tre presenze
benefiche a protezione del maniero; la Sala delle Armi con il cortile a balcone
che si affaccia su Perugia. Quest’ultima fu inaugurata in occasione del
battesimo di Mathis, il secondogenito di Chiara e Christophe. E poi piazzette,
cortili, torri, il ponte levatoio con il fossato e vari altri punti che hanno
ritrovato una nuova funzione pur nell’originale collocazione spaziale.
Nel 2012 il Vescovo di Perugia Mons. Bassetti, a 427 anni dalla visita di Mons.
Pignatelli, ha celebrato una messa all’interno della chiesa di San Bartolomeo
(ora dedicata a San Giuseppe artigiano in ricordo di Giuseppe Granocchia,
Giuseppa Burani e Giuseppe Ciotti, genitori degli attuali proprietari).
Nel 2013 e’ avvenuta l’apertura del Salone Tancredi e, come da tradizione di
famiglia (Fausta ci spiega che ogni evento di famiglia e’ un’occasione per
realizzare o completare dei lavori), si e’ celebrato il battesimo di Edoardo
(figlio di Matteo e Viviana). A Noa (prima nipote di Fausta) e’ stata dedicata
una casa medievale a torre chiamata “Petit Maison de Noa”. Alla sorellina di
Edoardo, Iris, e’ stata invece dedicata l’ultima opera realizzata, la chiesa
romanica di San Giuseppe, “oltre a tutte
le rose e fiori del giardino perche’ lei stessa e’ come un fiore dai colori
dell’arcobaleno”, chiosa Fausta.