LA FINE DEL CRISTIANESIMO - Gesù e gli Apostoli non sono mai esistiti. LE PROVE

Fonte: Uno Editori

Il titolo roboante e d’effetto potrà certamente aiutare le vendite e alimentare polemiche, che è un po’ come una “promozione” gratuita per ogni pubblicazione. In effetti già il testo della copertina è molto audace, mostrando un titolo (La Fine del Cristianesimo) che è un’ovvia provocazione; un sottotitolo (Gesù’ e gli Apostoli non sono mai esistiti - LE PROVE) che dovrebbe rivoluzionare (dimostrandolo) l’intera storia della religione Cristiana; e un piccolo riferimento alla precedente pubblicazione degli autori (Oltre la Mente di Dio Vol.1) di cui il presente lavoro rappresenta la continuazione.
Non avendo avuto il piacere di leggere e recensire il Vol.1, probabilmente alcune mie argomentazioni potrebbero risultare fuori contesto se viste nell’ottica de “Oltre la Mente di Dio Vol.1 e Vol.2”.
In ogni caso e’ “La Fine del Cristianesimo” che mi accingo a commentare: si tratta del tentativo del giovanissimo Sig. Alessio De Angelis il quale, prendendo dai cenni biografici in coda al volume, e’ un “Esperto di Cristologia ed Esegesi Biblica” – avendo egli 18 anni non posso che definirlo un “fenomeno” seguendo l’etimologia greca, perché “miracolo”, dato il contesto del libro, non sarebbe appropriato – del tentativo, dicevo, di smantellare concetto per concetto l’idea di un Cristo Salvatore e Salvifico che, venuto sulla Terra per portare la parola di Dio, sacrifica la sua vita come modello ultimo di Amore Universale.
Come smantellare un principio di fede, morale, spirituale, etica, sociale, e religiosa? Attraverso la pura filologia storica, dimostrando cioè l’incongruenza delle date e delle persone riportate sui Vangeli, rispetto alle date e ai personaggi descritti dagli storici classici dell’epoca; in particolare Giuseppe Flavio, Plinio il Vecchio, Tacito, Cassio Dione.
Premetto che personalmente non sono un filologo, ne’ ho troppa simpatia per una materia che considero, nella più positivistica delle affermazioni, una perdita di tempo.
Tentare di ricostruire su basi logiche e cronologiche la storia dell’Uomo poteva funzionare forse al tempo di Tolomeo, anche se il pensiero Greco e, prima ancora, Babilonese ed Egizio, ammetteva senza mezzi termini l’esistenza di più piani di realtà, tra loro interconnessi e dinamici. I numeri e, nel nostro caso, le date, non possono essere assolutamente prese come termini fissi e immobili della storia, in quanto le vicende passate non sono fermi immagine (ma c’e’ evidentemente ancora chi lo crede), ma un flusso dinamico che “respira” e “ritorna”. Questo lo dice la moderna Fisica della Teoria Unificata, tanto Quantistica quanto Relativistica; lo dice la filosofia (che,a differenza della filologia, è la più dinamica espressione del pensiero che frantuma ogni logica statica e statistica).
Senza contare tutti i numerosi e diversificati codici ideati per riuscire in qualche modo a “imbrigliare” questo respiro dinamico della storia: l’invenzione dei calendari e dei numeri ad esso associati. Ogni cultura possiede un proprio computo del tempo, e il fatto che il Calendario Gregoriano sia quello usato in Occidente, non vuol dire che debba essere considerato una cartina di tornasole assoluta per tutta la datazione storica del mondo.
Tornando al libro oggetto di questa recensione, e ammettendo per un attimo la validità delle argomentazioni fornite, già nel secondo Capitolo mi sono chiesto: “ma a cosa serve tentare di dimostrare che Cristo non è mai esistito, che gli Apostoli non sono mai esistiti, che i Vangeli sono stati manipolati, e che i Cristiani sono stati presi in giro per 2,000 anni?” La risposta che mi sono dato inizialmente, e che poi avrei trovato nelle ultime pagine del libro, è che “dobbiamo aprire gli occhi sulle menzogne della Chiesa ed essere consapevoli che la religione è una costruzione dell’uomo”.
Mi sono fermato a riflettere su questa risposta pensando se, effettivamente, sapere che la datazione fornita dai Vangeli è in netta contraddizione con i resoconti “storici” di Giuseppe Flavio; e se, sapere che nomi di persone presenti nei Vangeli non sono menzionati negli scritti di Giuseppe Flavio, servirebbe a ridisegnare la religione Cristiana. Risposta: no.
No.
Che la religione, come la storia e la filologia, siano fatte dall’uomo sono convinto che si sappia senza bisogno di confutazioni filologiche. La ragione per la quale la filologia non cambia la storia, né la “illumina”, è perché la storia, come la religione, presenta le stesse contraddizioni dell’uomo, in quanto fatta dall’uomo.
Semmai, quello che mi chiedo e che davvero potrebbe cambiare la nostra conoscenza delle religioni è: come è possibile che menzionare un solo uomo, Cristo (ma vale la stessa domanda anche per gli altri grandi profeti), e soprattutto tramandare i principi di cui egli è il simbolo, ha prodotto una fede così imponente da essere seguita per più di 2000 anni in ogni angolo del pianeta, indipendentemente dalla costruzione religiosa che è stata strumentale alla sua espansione? Vi sono esempi di principi Cristiani anche dove le Chiese sono state distrutte, principi mescolati alle credenze tradizionali dei popoli Centro Americani, Austro-Asiatici, Africani.
Si tratta di principi che portano in sé l’Universalità’ della Genesi dell’Uomo, principi che esistono dentro ciascuno di noi fin dalla nostra creazione.
L’Eden, il Diluvio, Cristo, gli Apostoli e i Vangeli sono divenuti materiali con un libro, ma se l’essenza del loro simbolo non fosse stata già radicata dentro di noi, non avrebbe mai attecchito in modo così vasto e complesso.
Le religioni sono costruzioni dell’Uomo volute e impiegate per mantenere il controllo sulle masse, allo stesso modo di ogni altro sistema sociale Umano: politico ed economico. La vera libertà sta nell’espansione soggettiva che ognuno di noi può raggiungere con l’idea di uscire da tali categorizzazioni comuni, l’idea che è slancio assoluto verso la Verità o verso Dio, a seconda delle proprie basi culturali.
Ecco perché confutare Cristo o i Vangeli, a mio modesto parere, è ancora tentare di piegare il “dito” di Aristotele, senza provare a guardare dove esso punta.
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