La Sindrome della Luna d'Argento I

Licantropia I

DEFINIZIONE

Il termine licantropia secondo il celebre studioso Collin de Plancy indicherebbe quegli uomini e donne che sono stati trasformati, o si trasformano, in lupi

"...e talvolta credono, per un'abominevole forma di follia, d'essersi effettivamente cangiati in lupi, e di tali belve prendono le abitudini e i costumi..."

Secondo le più moderne definizioni, per licantropia si intenderebbe una forma di patologia maniacale, che spinge l'uomo a vagare di notte ululando come un lupo; una specie di delirio melanconico, per cui l'ammalato si crede trasformato in lupo e ne imita l'urlo e il portamento. Chiamata anche 'malattia del Lupo Mannaro'.
L'etimologia della parola deriverebbe dal greco Lykos (lupo) e Anthropos (uomo).

Il termine lupo mannaro deriva dal basso latino Lupus Homenarius, cioè 'lupo che si comporta come un uomo'. L'etimologia della parola francese loup garou è molto incerta: secondo alcuni 'garou' indicherebbe 'uomo'. De Plancy invece traduce come 'loups dont il faut se garer', cioè 'lupo dal quale occorre guardarsi', ovvero quello che, avendo assunto le abitudini aggressive dell'uomo, non si comporta con la timidezza tipica della sua specie.
Le derivazioni dei termini inglese e tedesco werewolf e werwulf sono invece più chiare, visto che la radice indoeuropea wer- è la stessa da cui deriva il latino vir, uomo. Altrettanto chiare le derivazioni nelle lingue slave: wilkolak (Polonia), volklak (Russia), vulkolak (Bulgaria), volkodlak (Slovenia),...In tutte queste aree il termine indica un essere umano che, per diversi motivi, assume forma e comportamento selvaggi, compiendo stragi nei confronti di animali e uomini (prediligendo cuccioli e bambini) e praticando sovente il cannibalismo.


Lupo Mannaro per alcuni è composto di lupo e mann (dal tedesco 'uomo'), associato nel senso al greco Lykànthropos, all'anglosassone Were-wolf e al danese Var-ulf, da wer, vair (uomo) e wolf, ulf (lupo); questo ibridismo però non è giustificato appieno, e sembra più verosimile ritenere che 'mannaro' derivi da Maniarus (da Mania, pazzia, furore). Alcuni ipotizzano stia anche per maniato, miniato, quasi 'uomo tinto di minio', cioè mascherato, camuffato, spettro. E' però un'ipotesi, quest'ultima, da ritenere piuttosto artificiosa.
Se analizziamo la parola mannaro, la maggior parte degli etimologi la fa risalire al germanico, parola composta dal tedesco Mann (uomo) e dall'arcaico Hart, hard (duro, forte).
Se si sposa l'origine italica, invece, l'etimologia muoverebbe dal latino Homenarius, Humanarius, che darebbe lup'humanario (poi divenuto il volgare lupemenare) corrispondente al greco Lyk-anthropos (lupo-uomo, il mann-wolf germanico).
Secondo Caix si potrebbe rintracciare l'origine della parola anche nel latino Mania (spettro dei trapassati) e 'proprio dei Mani', quindi 'cosa paurosa'. Aggiunto a lupo da' 'animale immaginario'. Nelle leggende è uomo mutato in lupo senza cessare di essere uomo.
Oggi indica chi soffre di certe convulsioni, per le quali è costretto ad uscire di casa ululando, di notte, per cercare conforto e refrigerio.

LEGGENDE POPOLARI

"...Il lupo apparirà davanti a te...Prendilo come tuo fratello, perchè il lupo conosce l'ordine delle foreste...Egli ti condurrà per via piana verso il Paradiso..." [canto funebre rumeno]

Fin dalle prime popolazioni di ceppo indo-ariano era radicata l'idea che il lupo fosse un animale psicopompo, capace cioè di guidare l'anima del defunto dal mondo terreno a quello dei morti. Tale credenza è testimoniata dal ritrovamento di urne funerarie (contenenti le ceneri dei defunti) modellate con teste di lupo. Mircea Eliade scrive:

"...I cacciatori primitivi considerano gli animali simili agli uomini, ma dotati di poteri soprannaturali; credono che l'uomo possa trasformarsi in animale e viceversa; che le anime dei morti possano penetrare negli animali; che esistano, infine, relazioni misteriose tra una persona e un animale singolo..."

Per le popolazioni nomadi preistoriche il lupo era un rivale temuto nella caccia; occupava la medesima nicchia ecologica dell'uomo, perseguendo le stesse prede. Era però più abile, più veloce, dotato di sensi più acuti e di armi naturali formidabili, come zanne e artigli.
Sono questi i motivi che spinsero l'uomo cacciatore a ricercare l'armonia con lo spirito del lupo, per propiziare la caccia e acquisire più forza e più vigore. Nelle culture sciamaniche questo avveniva per via imitativa, facendosi 'invasare' dalla bestia fino ad assumerne i poteri, il comportamento, e addirittura l'aspetto.
Gli antropologi rintracciano le origini della licantropia proprio nei rituali sciamanici delle culture nomadi paleolitiche, dove licantropia sta a significare la capacità da parte di esseri umani di trasformarsi, in determinate condizioni, nell'animale totemico rappresentativo della tribù.

rito sciamanico e statuetta del Fungo Sacro

Di tali raffigurazioni totemiche se ne ignora la genesi, ma si sa che alla sua base esiste un concetto unitario e paritetico di tutte le espressioni della vita, che favorisce la credenza nella metamorfosi da animale a essere umano e viceversa.
Per i cacciatori dell'Asia Centrale il totem principale era il lupo. Lo sciamano delle steppe, attraverso l'assunzione del Fungo Sacro (Amanita Muscaria, un allucinogeno) che dilata la coscienza, lasciava che lo spirito del lupo entrasse dentro di lui, e con indosso una pelle dell'animale totemico, ne assumeva la forma, guidando poi, come uomo-lupo, le danze propiziatorie alla caccia, se non la caccia stessa.

Di questa funzione totemica del lupo presso le genti indo-ariane si ha traccia nelle numerosissime leggende nate dalla fusione delle religioni virili, 'solari' (sciamaniche) con quelle femminili, 'lunari' (basate su riti della fertilità), adottate dalle popolazioni autoctone dell'Europa, le quali subirono l'invasione dei nomadi delle steppe asiatiche all'inizio dell'Età del Bronzo.

Molte leggende delle 'origini' (dell'uomo e del mondo) riservano al lupo un ruolo principale: nella Grecia mitologica Febo e Artemide, divinità legate al Sole e alla Luna, vennero partorite da Latona, trasformatasi in lupa; Licaone (figlio di Foroneo Re d'Arcadia), il capostipite dei Pelagi e fondatore sul Monte Liceo della prima città, Licosura, si identifica, per via del nome, con il lupo (Lykos, in greco, vedi par. DEFINIZIONE); in seguito al mutamento delle condizioni culturali, quando la figura del lupo assunse valenze negative, la trasformazione di Licaone in lupo diventò il simbolo della punizione divina.
Giove, riferisce Ovidio nelle Metamorfosi, si reca in incognito da Licaone, famoso per l'usanza di uccidere tutti gli stranieri che capitavano sul suo territorio, mangiandone poi le carni. Il sovrano, in dubbio sulla natura (umana o divina) del suo ospite, decide di sottoporlo ad una prova: durante il banchetto approntato per l'occasione gli fa servire la carne di un suo schiavo (o, secondo un'altra versione, del figlio) e per primo ne mangia personalmente, convinto che se si tratta di un Dio, il visitatore avrebbe scoperto il sacrificio umano. Sorpreso e indignato per tale abominio, Giove incendia e distrugge con le sue folgori la reggia di Licaone, e trasforma quest'ultimo in lupo.
Lykaion, 'territorio del lupo', era il Bosco Sacro che circondava il tempio di Febo ad Atene; Aristotele vi teneva le sue lezioni, ed è questa l'origine del termine Liceo. L'immagine del lupo viene così collegata a quella della sapienza, in conformità con le tradizioni che ne facevano un animale iniziatico, rivelatore delle conoscenze occulte.
Macrobio, nei Saturnalia, descrive una statua che si trovava nel tempio di Serapide, ad Alessandria, che raffigurava il Tempo come mostro tricefalo: una testa di leone tra due teste di lupo. Il leone è il presente, ciò che sappiamo; il lupo è passato e futuro, ovvero le cose che abbiamo dimenticato e quelle che non conosciamo ancora.
Flegone descrive un Oracolo nel quale a profetizzare è la testa di un uomo sbranato da un lupo. Nel nome del lupo è contenuta d'altra parte la radice Lyk-, la stessa da cui deriva il nome Luce: la creatura che vede al buio è anche colei in grado di diradare le tenebre, distribuendo sapienza.
Celti e Sabini si proclamavano 'Figli del Lupo'; Romolo e Remo, i divini gemelli fondatori di Roma, vennero protetti e allattati da una lupa.

Romolo e Remo, di Peter Paul Rubens (1614)

Nella mitologia egizia Diodoro Siculo scrive che Osiride sarebbe rinato, dopo la divisione del suo corpo per opera di Seth, sotto forma di lupo; nella cultura mongola il Lupo Celeste (la cui compagna è una Cerva Bianca) è genitore degli eroi, l'ultimo dei quali fu Gengis Khan.
Dalla fusione dei culti indo-ariani con quelli europei deriva anche il ruolo riconosciuto al lupo nella fecondazione e nella fertilità: in Anatolia ancora oggi le donne sterili invocano il lupo, nelle campagne, per avere figli; nella Kamchatka i contadini, per le Feste Ottobrali, realizzano con il fieno il simulacro di un lupo, cui recano voti per far sì che entro l'anno le vergini del villaggio possano trovare marito; nell'Antica Roma il dio Luperco era protettore delle greggi. Le feste in suo onore, i Lupercali (metà Febbraio) vedevano i sacerdoti correre nudi tra la folla, armati di corregge di pelle di montone. Ovidio nei Fasti dice che le donne in età fertile, colpite dalla sferza, sarebbero state fecondate entro l'anno. Durante i Lupercali, un sacerdote vestito di pelle di lupo passava inoltre una lama bagnata di sangue sulla fronte di due adolescenti, probabile riproduzione simbolica di antichi sacrifici umani in onore del lupo totemico.
Nel passaggio dalle culture nomadi cacciatrici a quelle stanziali agricole, infatti, muta radicalmente il modo di considerare il lupo. Mentre il cacciatore aveva bisogno dello spirito del lupo (sia per guidarlo nella caccia, sia per non averlo come rivale), il contadino deve proteggere le greggi dal predatore. Il sacrificio in onore del lupo da propiziatorio si trasforma in scongiuro. Si prega lo spirito dell'animale perchè stia lontano dall'uomo.
Le cerimonie sacrificali assunsero via via una valenza negativa. In questo contesto si inquadra la leggenda di Licaone narrata da Ovidio. I riti che originariamente si tenevano sul Monte Liceo, in Arcadia, in onore del lupo, erano di origine aria, e si configuravano come sacrifici umani a sfondo cannibalistico, essendo parte della vittima consumata dai celebranti. L'evoluzione culturale condannò questo rituale, e un mito nuovo venne elaborato per fissare i nuovi parametri del sacro.
Sono pressochè infinite le leggende che segnano tale passaggio. Plinio nelle Storie Naturali racconta che il pugile Demeneto (arcade come Licaone) avendo sacrificato un bimbo a Giove Attico, e avendone mangiate le interiora, venne trasformato in lupo, e vi restò per nove anni; il decimo ritornò uomo, e andò a vincere la gara di pugilato a Olimpia.

atti cannibalici nei confronti di bambini

Degli antropofagi arcadi si diceva che, per espiare le loro colpe, dovessero ogni anno estrarre a sorte un membro della comunità e immergerlo nelle acque di un lago, da cui poi ne usciva trasformato in lupo; egli doveva restare in tale forma per nove anni, e al decimo sarebbe tornato uomo solo se si fosse astenuto, in futuro, dall'antropofagia. Echi di questo mito giunsero sino al Medioevo.
Scrive Vicentius nel suo Speculum Historiae che

"...Essi [i lupi mannari] sono, a quanto pare, lupi che mangiano uomini e bambini, e questo accade per sette motivi: fame, selvatichezza, vecchiaia, esperienza, pazzia, il diavolo e Dio..."

Secondo il sesto punto, il danno proviene dal diavolo che si trasforma ed assume la forma di un lupo. Quando i romani combattevano contro gli uomini dell’Africa, durante la Guerra Punica di Valerio Massimo, mentre il capitano dormiva, venne un lupo, sguainò la sua spada e la portò via. Quello era il Diavolo sotto sembianze di lupo. Secondo il settimo punto, l’offesa viene a volte per ordine di Dio.
Lo sciamano che assume in sè lo spirito del lupo divenne così una creatura infernale dedita a riti maledetti. I residui della primordiale religione sciamanica si trasformarono, in epoca classica, in culti diabolici e stregoneschi. Nasce infatti la figura dello Stregone, in contatto con le potenze demoniache e con gli istinti più perversi, votati al male. Il sacrificio umano e le pratiche cannibaliche da cerimonie sacrali divennero pratiche abominevoli, degenerando poi fino alla profanazione dei cadaveri e alla necrofagia, perversioni attribuite all'antico animismo sciamanico, ormai totalmente stravolto.

la licantropia viene ormai associata alla stregoneria

I poteri della metamorfosi, prerogativa sacerdotale, divennero marchio indelebile di una maledizione divina, oppure frutto di alleanze con il Mondo delle Tenebre. Il lupo, contestualmente, da animale propiziatorio acquisì la nuova immagine di mostro antropofago, belva feroce vomitata dall'inferno.
Da psicopompo a guardiano del Regno dei Morti: Cerbero, che impedisce alle anime di uscire dall'Aldilà, è un lupo con tre teste. così lo descrive Dante:

"...Cerbero, fiera crudele e diversa,/ con tre gole caninamente latra/ sovra la gente che quivi è sommersa./ Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,/ e 'lventre largo, e unghiate le mani;/ graffia li spirti ed iscoia ed isquatra.../ Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo,/ le bocche aperse e mostrocci le sanne;/ non avea membro che tenesse fermo..." [Inferno VI, 13-24]


Ade, Re degli Inferi, porta un elmo di pelle di lupo che lo rende invisibile, e lo stesso valeva per il dio Ajta, divinità etrusca del mondo sotterraneo.

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