La Grotta dei Cristalli nella miniera di Naica(del gruppo Peñoles),
insieme alla sua gemella Grotta delle Spade, è oggi famosa nel mondo
per la presenza di grandi cristalli di gesso (cristalli giganti di selenite)
di dimensioni mai viste, sino a 10 m di lunghezza e 2 m di diametro, purissimi.
Una foresta di cristalli, i più grandi del Pianeta.
Un mondo irreale oltre la fantasia, oltre il sogno.
Una grotta a 50° di temperatura e 100% di umidità, infernale, dove
l'uomo può sopravvivere pochi minuti. Ancora inesplorata.
Una meraviglia della Natura scoperta per caso, fragilissima e misteriosa,
che potremmo perdere da un momento all'altro.
E che presto tornerà inaccessibile, nascosta nel cuore della Terra.
La Grotta dei Cristalli è una piccola finestra nell'immensità
del tempo geologico, che l'uomo ha oggi la fortuna di poter aprire grazie a
una tecnologia innovativa ed esclusiva.
Un'esplorazione «astronautica» ad alto rischio, oltre i limiti
umani, per capire, studiare, documentare e salvare. Prima che sia troppo tardi.
La Grotta dei Cristalli, probabilmente la più grande meraviglia sotterranea
della Terra, è stata incontrata per caso nelle profondità della
Miniera di Naica, stato di Chihuahua, Messico.
Si tratta di un vero e proprio geode: una caverna completamente ricoperta di
trasparenti cristalli di selenite, cioè gesso purissimo, alcuni dei quali
superano i 12 metri di lunghezza. Di gran lunga i cristalli più grandi
del mondo.
Sono strutture stupefacenti, che sembrano contraddire l'incessante tendenza
dell'Universo all'aumento del disordine, allo sgretolamento, al caos. I macrocristalli
di Naica mostrano invece che anche nelle profondità della Terra avvengono
processi che tendono a creare strutture ordinate, così come in superficie
avviene con la vita. Si tratta di capire come questo sia stato possibile. Ma
per farlo è necessario entrare, e questo non è facile: con una
temperatura di circa 48° C e l'aria satura di umidità ci si trova
in una situazione di «cottura al vapore»; il tempo di sopravvivenza
dell'uomo è di pochi minuti.
Il Progetto «Grotta dei Cristalli»
Nel gennaio 2006 l'Associazione Geografica La Venta, un team internazionale
di speleologi e ricercatori che ha raccolto successi in molte zone del pianeta,
dall'Antartide all'Asia Centrale, ha ottenuto dalla Compagnia Peñoles,
concessionaria della miniera, l'incarico di effettuarvi ricerche per i prossimi
tre anni.E non solo di questa: nella miniera è stata segnalata la presenza
di altre cavità dello stesso tipo, ancora totalmente inesplorate. La
campagna di ricerca avrà una durata di 3 anni e si svilupperà
in fasi successive, in collaborazione con enti di ricerca italiani, messicani,
spagnoli, statunitensi, e con il supporto di numerosi patrocinatori. La chiave
tecnologica del Progetto 'Grotta dei Cristalli' è la possibilità
di permanere a lungo e in sicurezza all'interno di questi ambienti alieni. Per
questo sono state progettate e realizzate particolari tute condizionate, brevettate
dal gruppo La Venta, che permettono di resistere sino a due ore e quindi svolgere
attività esplorative, di ricerca e di conservazione. Una vera e propria
spedizione astronautica, ma sul nostro vecchio pianeta Terra.
L'obiettivo del progetto triennale è la realizzazione di un complesso
di ricerche multidisciplinari che copra i vari campi di interesse della grotta
e ne permetta la conservazione. L'ambiente infernale e la presenza dei cristalli
hanno richiesto lo sviluppo di materiali e tecnologie specifiche, dalle tute
refrigerate alle calzature 'da cristallo' per consentire un accesso sicuro e
prolungato a ricercatori di diverse discipline: geologia, mineralogia, biologia,
exobiologia, fisica, speleologia, medicina.
Le domande a cui si tenterà di rispondere sono molte.
Come e perché si sono formati questi cristalli giganti? Quanto tempo
fa? C'è vita in questo ambiente limite, che sembra extraterrestre? Se
sono presenti forme di vita, hanno avuto un ruolo nella formazione dei cristalli
e delle mineralizzazioni circostanti? L'uomo senza volerlo ha interrotto l'equilibrio
millenario fra acque e rocce profonde che aveva generato queste meraviglie:cosa
sta succedendo ora in questo luogo? I cristalli sono stabili? Quanto dureranno?
Come si comporta la fisiologia umana in ambienti di questo tipo?
Ma la domanda fondamentale è: come possiamo conservare la Grotta dei
Cristalli per le future generazioni e fare in modo che questa meraviglia sia
conosciuta nel mondo?
Le campagne di ricerca si articoleranno in numerose incursioni brevi e in due
grandi spedizioni, la prima delle quali è prevista per il mese di dicembre
2006.
La documentazione
La responsabilità di far conoscere al mondo un luogo assolutamente unico
è davvero grande. Il Team La Venta e Speleoresearch & Films, una
compagnia di produzione messicana, hanno realizzato produzioni per le maggiori
televisioni del mondo e nei luoghi più remoti della Terra, e sono convinti
di riuscirci.
Il progetto di ricerca sarà seguito e raccontato passo dopo passo da
un team di professionisti, scelti tra i migliori nel campo della realizzazione
di documentari.
Si punterà ad ottenere la massima qualità oggi possibile utilizzando
le più moderne e sofisticate tecnologie di ripresa e fotografia, adattandole
alle condizioni estreme dell'ambiente: il risultato sarà la storia di
questa grotta e degli uomini che l'hanno scoperta ed esplorata. La Grotta dei
Cristalli verrà rilevata mediante apparecchiature laser-scanner per ottenere
restituzioni tridimensionali che permetteranno viaggi virtuali. Viaggi che potrebbero
diventare reali all'interno di repliche fisiche, forse l'unica maniera di vedere
questa meraviglia quando la grotta, con la chiusura della miniera, non sarà
più accessibile.
Inquadramento generale
Naica è un tipico paese minerario ubicato nel nord del Messico (latitudine
27°52'00"N - longitudine 105°26'15"W - quota 1500 m s.l.m.),
nello stato di Chihuahua, 130 km a sud est della capitale omonima e circa 35
km da Ciudad de Delicias, nel municipio di Saucillo.
Secondo la tradizione, Naica significa "luogo senza acqua" ma, molto
più probabilmente, tale termine è di origine Tarahumara, proviene
dalle radici Rarámuri "Nai" (luogo) e "ka" (ombra),
e significa "luogo ombreggiato", come giustificherebbe l'ombra proiettata
dalla sierra isolata nel deserto circostante.
La storia di Naica, a parte la presenza degli indios Apaches tra il XVI e XIX
secolo che si dedicavano ad assaltare le diligenze sull'antico cammino reale
a Chihuahua, è sostanzialmente legata alla evoluzione dell'attività
mineraria, oggi famosa nel mondo e praticata con successo dal Gruppo Peñoles.
La presenza di minerali a Naica venne scoperta da Alejo Hernández, Vicente
Ruíz e Pedro Ramos de Verea che, il 26 giugno del 1794, denunciarono
"una mina ubicada en tierra virgen con el nombre de San José del
Sacramento, en la Cañada del Aguaje de la sierra de Naica".
Nel 1896 la miniera diventò di proprietà di Santiago Stoppelli
e si cominciò la costruzione della cittadina di Naica.
La concreta estrazione dei minerali, però, cominciò solo nel 1900
allorché venne fondata la Compagnia Mineraria di Naica che proseguì
la sua attività fino al 1911.
In quegli stessi anni, infatti, per le devastazioni causate dalla Rivoluzione,
la Compagnia dovette sospendere le attività che ripresero solo nel 1924
ad opera della "Compagnia Mineraria Peñoles".
Dopo il 1928, la miniera venne sfruttata intensamente dalle compagnie americane
"The Eagle Picher" e "The Fresnillo Company" e Naica si
trasformò in un importante centro produttivo, tanto che nel 1934 venne
fondata la sezione 30 del "Sindicato Nacional de Trabajadores Mineros,
Metalurgistas y Similares de la República Mexicana".
Nel 1961 gli americani si messicanizzarono nella fondarono la "Compañia
Fresnillo S.A. de C.V." che proseguì le sue attività fino
al 1998, allorché il Gruppo Peñoles acquisì le azioni straniere
assumendo il controllo e messicanizzò totalmente l'attività mineraria,
trasformando Naica in una delle più produttive miniera dello Stato.
Le grotte
Nel 1910 durante i lavori di scavo veniva scoperta quella che venne chiamata
la Cueva de las Espadas (grotta delle spade), una unica grande cavità
di un'ottantina di metri di diametro a 120 m di profondità. La grotta
si apre in una zona semidesertica nelle montagne di Naica, un centinaio di chilometri
a sud-est della città di Chihuahua, capitale dell'omonimo stato messicano
al confine con gli Stati Uniti.
Si tratta di montagne calcaree (età: 200 milioni di anni circa) in cui
si sono formati reticoli di grotte, che sono state successivamente attraversate
da acque termali di origine molto profonda, calde e mineralizzate. Esse arrivavano
in questi ambienti relativamente più freddi e vicini alla superficie
e depositavano parte dei sali che trasportavano. In milioni di anni le grotte
si sono così in parte riempite di mineralizzazioni ricche soprattutto
di piombo, argento e zinco.
Sin dalla fine dell'800 questi filoni di minerale sono stati oggetto di sfruttamento
e quelle di Naica sono tuttora le più importanti miniere di questo genere
nel Messico, e fra le maggiori del mondo.
La sua caratteristica fondamentale era di essere ricolma di grandi cristalli
" prismatici" di gesso (i macrocristalli di gesso vengono in genere
detti di "selenite") di dimensioni sino a un paio di metri di lunghezza
e circa 25 cm di diametro, che furono oggetto di uno sfruttamento di tipo mineralogistico.
Di fatto gran parte dei macrocristalli di questo tipo che sono attualmente esposti
nei musei di mineralogia del mondo provengono proprio da questa grotta.
Questo sfruttamento ha doppiamente danneggiato la cavità, da una parte
privandola dei pezzi migliori, dall'altra modificando radicalmente le caratteristiche
del microclima. La conseguenza di ciò è che i cristalli rimasti
sono diventati polverosi e opachi.
Nell'aprile 2000 durante i lavori di scavo di un tunnel di comunicazione, trecento
metri sotto la superficie, veniva scoperta la Cueva de los Cristales (grotta
dei cristalli), con formazione cristalline e cristallizzazioni di gesso di dimensioni
mai viste, sino a 10 m di lunghezza e 2 m di diametro, purissimi.
La grotta dei cristalli
La grotta era lì per lì sistemata nei primi metri, che venivano
spianati e dove venivano sistemate alcune delle luci elettriche. Poi l'esperienza
negativa della Cueva de las Espadas, il potenziale enorme valore di questi macrocristalli
sul mercato mineralogistico e la loro sostanziale delicatezza, ha suggerito
alla direzione della miniera una protezione radicale di questo autentico gioiello
del mondo sotterraneo mondiale. La visita non è permessa se non nel quadro
di ricerche documentate che puntino ad approfondirne la conoscenza e migliorarne
la conservazione, che si presenta problematica su una scala tempi di qualche
decennio.
Per questo la cavità è stata solo parzialmente esplorata per qualche
decina di metri.
La difficoltà principale è però quella ambientale: l'aria
era infatti stimata a 60°C e 100% di umidità e dunque in realtà
la grotta si proteggeva benissimo da sé.
La genesi delle cristallizzazioni
I macrocristalli si sono formati sott'acqua, in un punto dove le acque termali
profonde, calde (52°C) e sature di solfuri venivano in contatto con acque
esterne fredde e ricche di ossigeno, che si infiltravano naturalmente dall'esterno.
Lungo la superficie che separava queste due acque, che non potevano direttamente
miscelarsi tra loro vista la differente (maggiore) densità di quelle
profonde e mineralizzate, avveniva la "diffusione" dell'ossigeno nello
strato inferiore con conseguente ossidazione degli ioni solfuro a solfato, che
ne provocavano una lievissima sovrassaturazione rispetto al gesso e quindi una
sua lentissimaa deposizione. Queste condizioni di deposizione si sono evidentemente
mantenute per un tempo molto lungo (migliaia di anni) e i cristalli hanno potuto
svilupparsi sino a queste dimensioni inusitate. Infine, in tempi molto recenti
la cavità è stata probabilmente svuotata accidentalmente in maniera
naturale a seguito dell'abbassamento del livello freatico locale dovuto ai lavori
minerari.
Il microclima
Durante la nostra ricognizione (ottobre 2002) abbiamo potuto rimanere più
a lungo del normale e impiegare termometri di precisione. Abbiamo così
determinato in 47.10°C al suolo e 47.38°C a 2 metri di altezza la temperatura
della cavità. La temperatura perciò cresce di circa un decimo
di grado per metro di altezza. L'aria è satura di umidità. Per
un'analisi degli effetti dell'umidità si veda l'interessante articolo
di Claudio Castellano su NimbusWeb, l'indice di calore, quando l'umidità
aumenta la sensazione di calore
La difficoltà tecnica
La temperatura di per sé non pare eccezionalmente elevata, tanto che
in certe zone esterne può essere largamente superata: i più alti
valori di temperatura misurati in atmosfera libera sono stati di 58°C a
El Aziz, in Libia nel 1922 e di 57°C nella Death Valley, in California,
nel 1913. Le saune poi passano largamente questi valori e possono giungere anche
oltre i 100°C. Il fatto è che l'aria in quelle condizioni è
estremamente secca e dunque il corpo umano può mantenere una temperatura
cutanea normale grazie ad una continua evaporazione che permette la sopravvivenza
anche per tempi relativamente lunghi.
Se l'aria si arricchisce di vapor d'acqua la situazione cambia in modo radicale.
Da una parte il meccanismo di evaporazione cessa di funzionare e dunque si diventa
incapaci di liberarsi del calore. Dall'altra, ben più gravemente, la
pelle e l'interno dei polmoni risultano "pareti fredde" su cui il
vapor d'acqua prende a condensare rilasciando torrenti di energia. Nelle saune
si sperimenta questo terrificante effetto in piccola misura quando si butta
dell'acqua sulle pietre roventi: l'aria rimane estremamente secca, ma lo straterello
sulla nostra pelle può diventare sovrassaturo e condensarci addosso.
Il risultato è che ci si sente scottare di colpo: la temperatura in realtà
non è variata (anzi, è scesa) ma il meccanismo che ci manteneva
"freddi" viene annullato per un istante e noi veniamo a sentire in
pieno in quale inferno siamo immersi.
In pratica lo stare in un'atmosfera satura di umidità a temperature superiori
a 35-37°C è equivalente ad essere immersi in acqua corrente di quella
temperatura e perciò è abbastanza rapidamente mortale. La temperatura
massima accettabile per un'acqua calda in cui immergersi completamente è
fra 40 e 42°C: al di sopra riteniamo che essa scotti in modo insopportabile.
La temperatura della Cueva de los Cristales è dunque proprio così:
insopportabile, soprattutto al primo impatto.
La tecnica
In realtà si può resistere seminudi a quella temperatura per 3-5
minuti, sfruttando il fatto che il calore impiega un tempo discreto a "bollirci"
e la temperatura cutanea viene tenuta a livelli tollerabili dal flusso di sangue
"freddo" che arriva dal nostro interno grazie ad una enorme vasodilatazione
periferica. La situazione è dunque instabile e soprattutto sottopone
il cuore ad uno sforzo tremendo, lo si sente battere come durante una corsa
disperata.
Poco tempo dopo la scoperta della grotta un minatore vi è penetrato segretamente
per prelevare cristalli: ha perso i sensi e, quando è stato trovato,
il suo corpo risultava letteralmente cotto al vapore.
Lo scopo della nostra prima ricognizione era di prendere conoscenza dell'ambiente
e utilizzare un approccio lievemente diverso da quello tradizionale di entrare
seminudi: coprirci il più possibile, per impedire al flusso di calore
di raggiungere la pelle. Ritenevamo che in questo modo ci si potesse esporre
per tempi molto più lunghi, e di fatto uno di noi è stato esposto
per quasi mezz'ora.
D'altra parte temevamo che esposizioni prolungate potessero far insorgere problemi
ai polmoni, anch'essi "pareti fredde" su cui il vapor d'acqua avrebbe
condensato col doppio effetto di bollirceli e di riempirli d'acqua. Abbiamo
quindi realizzato dei respiratori in cui l'aria veniva raffreddata prima di
arrivare ai polmoni.
La strumentazione
Il problema fondamentale della strumentazione (apparecchi fotografici e un termometro
al 1/100°C) era il fatto che diventavano utilizzabili solo dopo aver raggiunto
la temperatura ambiente, e che prima di raggiungerla sarebbero stati grondanti
di condensa, presumibilmente anche all'interno. Alla fine dei conti è
risultato un piccolo danneggiamento del display del termometro e apparentemente
nessun danneggiamento delle apparecchiature fotografiche: questo ci ha piacevolmente
sorpreso.
Un errore grave che abbiamo invece fatto è stato quello di sottostimare
il tempo necessario perché gli strumenti (e in special modo la D100,
più massiccia) si equilibrassero. In pratica la Coolpix e il termometro
si sono quasi equilibrati in poco meno di un'ora, ma la D100 avrebbe richiesto
almeno un paio d'ore.
Patrocinatori
* Università di Bologna - Dipartimento di Scienze della Terra e Geologia
* Università di Torino - Dipartimento di Fisica Generale
* Università di Firenze - Dipartimento di Scienze della Terra
* Università di Trieste - Dipartimento di Geologia
* Universidad de Almerìa (España) - Dipartimento di Idrogeologia
e Chimica Analitica
* Universidad Autonoma de México - Istituto di Astronomia, Istituto di
Geologia, Istituto di Biologia, Grupo Espeleologico
* New Mexico University (USA) - Dipartimento di Geologia
* Società Speleologica Italiana
* Club Alpino Italiano
Fonte:
http://www.laventa.it