Il mito dell’Età dell’Oro e i Civilizzatori
L’uomo tende a mitizzare il passato. È un atteggiamento
tipicamente umano. Quante volte abbiamo sentito ai nostri nonni raccontare il
passato come età migliore dell’attuale, dimenticando la fame e le privazioni
provate. Supponiamo, che nella sua storia, abbia sempre proceduto per prove ed
errori.
A un certo momento della storia, si è creato un embrione
di civiltà, (per civiltà intendiamo una società agricola stanziale), e questa
per qualsiasi motivo si è spenta, lasciando pochi individui derelitti. Questi
ultimi avranno rimpianto il loro passato creando il mito dell’età dell’oro.
E se questo processo si è ripetuto più volte, in diverse regioni del nostro
pianeta, potrebbe spiegare il perché dell’esistenza di tale mito in tutte le
civiltà passate. Un’altra ipotesi potrebbe essere che la civiltà abbia avuto
un unico grembo è che le periodiche catastrofi, anche di portate minore tipo
carestie dovute a siccità, abbiano costretto gruppi o singoli individui a
migrare in altre terre, portando con sé conoscenze, che a agli occhi di uomini
allo stato primitivo di raccoglitori, saranno sembrate magiche. Queste ipotesi
potrebbero spiegare i miti simili a quello di Prometeo, di individui superiori
apportatori di conoscenza e di civiltà. Immaginate lo stupore che hanno potuto
provare uomini che ancora non conoscevano il fuoco, quando si sono trovati
davanti un uomo che gli insegnava ad usarlo. Una scoperta eccezionale: potevano
scaldarsi, cuocere il cibo, difendersi dagli animali, indurire le punte delle
frecce, vedere di notte!
In tutte le parti del mondo esistono leggende su mitici
civilizzatori. In Sudamerica nelle regione andina si parla di Viracocha. In
Messico i Maya raccontano la leggenda di Quetzalcoatl. In Egitto,
Osiride, lasciò il regno nelle mani di Iside e insegnò
agricoltura e allevamento bestiame, costruì canali, argini in giro per il
mondo: Etiopia, Arabia e poi India.
L’origine di queste leggende è con molta probabilità in
comune con il mito dell’età dell’oro.
Comunicazione e metodologia della
trasmissione del sapere
La civiltà può aver avuto più inizi e non essere stata
un processo lineare come molti vogliono farci credere. Oggi l’uomo può
contare su sei miliardi di individui e su risorse che solo confrontate con
quelle del secolo scorso si possono solo definire sterminate. L’uomo nei
millenni passati era solo una delle tante creature che popolavano il pianeta. Il
suo numero, gli storici lo hanno stimato intorno ai 10 milioni. Tale numero era
suddiviso sull’intero pianeta. Quindi l’uomo viveva in comunità di piccole
dimensioni. I trasporti erano difficili e quindi la comunicazione era perlomeno
difficoltosa. Supponiamo che qualcuno abbia scoperto un metodo per cuocere la
terracotta. Innanzitutto, per interesse professionale l’artigiano non ha
interesse a divulgarlo, anzi è vero il contrario, ma se anche volesse
diffondere il suo metodo, avrebbe notevoli difficoltà. Quindi una scoperta, può
essere stata fatta più volte, prima di diffondersi a livello generale.
Un esempio è la scoperta dello zero fatta dagli indiani da
cui, tramite gli arabi è arrivato in occidente, e dai Maya. Le due civiltà non
erano in comunicazione e quindi non hanno potuto approfittare delle reciproche
conoscenze, che avrebbe permesso ad una civiltà di impiegare le risorse per
scoprire lo zero per altre cose, facendo crescere il livello delle conoscenze
delle due società ad un livello superiore per ambedue.
Un altro fattore da non trascurare è la metodologia della
trasmissione del sapere. Anche oggi in un mondo in cui l’informazione sembra a
portata di mano esistono zone oscure in cui è impedito l’accesso. Basti
pensare a quanta tecnologia militare è chiusa in sicuri bunker inaccessibili ai
più. O un esempio, più banale, ma forse più emblematico, la formula della
Coca Cola, uno dei segreti meglio custoditi del mondo. Anche in passato la
trasmissione del sapere è stata soggetta a questi vincoli. E così
l’artigiano trasmetteva le sue scoperte ai suoi allievi, che avrebbero fatto
lo stesso, mantenendo un vincolo di segretezza. Le corporazione medievali
adoperavano gli stessi vincoli, presenti anche nella leggenda massonica di Hiram.
Un altro esempio è l’arte della metallurgia ammantata da oscuri simbolismi
dai sacerdoti egizi per mantenere il loro segreto e il loro potere. Provate a
immaginare una società in cui la scienza è patrimonio di pochi. Non
dimentichiamo che il sapere è uno dei pilastri del potere. È sufficiente un
disastro, anche una semplice guerra, che stermini la classe egemone per far
regredire la società ad un livello di molto inferiore.
La diffusione della civiltà e l’aumento del numero degli
uomini è la premessa per evitare ritorni ad uno stato primitivo. Per questo la
civiltà appena nata sarà stata una pianta fragile, soggetta a frequenti
ritorni al passato, fintanto non ha raggiunto un livello tale da consentire un
progresso più o meno continuo. Si ricordi della parentesi altomedievale, in cui
il livello della civiltà europea è regredito, e in cui la civiltà araba ha
avuto il compito di preservare parte del patrimonio culturale classico. Un
esempio di come un maggior numero di uomini può preservare la cultura. Una
parte del mondo regrediva e un’altra progrediva, e la civiltà nel suo
complesso proseguiva il suo percorso.
Conclusione
Il mito di una civiltà che ha preceduto la nostra nasce da
accadimenti reali. Però resta un problema aperto. La presenza di miti simili in
svariate culture in tutto il globo potrebbe far pensare ad un’origine comune
dei miti e quindi all’esistenza di una civiltà planetaria che ha preceduto la
nostra. Questa ipotesi si potrebbe chiamare Atlantide di Platone o Atlantide
planetaria. Ma c’è un’altra ipotesi da prendere in considerazioni. La
nascita e la scomparsa di più civiltà nel passato. Si potrebbe chiamare
semplicemente ipotesi delle catastrofi ricorrenti o ipotesi delle Atlantidi
locali. Le scomparse di queste civiltà hanno potuto far nascere miti simili o
comunque che col tempo hanno assunto una forma simile. Queste civiltà
potrebbero non essere state in collegamento fra loro per motivi o geografici o
temporali. Temporali nel senso che potrebbero essere sorte e scomparse in
periodi tali da rendere impossibile il contatto. Una civiltà può essere sorta
quando l’altra era già scomparsa.
Se si trovano rovine antiche anche simili in diversi parti
del mondo non è detto che appartengano ad un’unica civiltà planetaria, ma
possono appartenere a diverse civiltà locali e soltanto assomigliare. Dire che
ci sono delle civiltà scomparse è dire niente di nuovo. Qualcuna è stata
trovata, altre sono sotto terra. Recente la polemica sull’Atlantide giapponese
da parte di West. Potrebbe trattarsi dell’Atlantide planetaria o solo di una
Atlantide locale. Il linguaggio del mito può far sembrare che si tratti degli
stessi eventi, accadimenti simili. Non dimentichiamo la smemoratezza umana e la
sua fantasia. Certo molte coincidenze potrebbero far pensare ad una civiltà
planetaria, ma non è detto.
Non nego che sia potuta esistere una Atlantide planetaria,
ma molte cose sono spiegabili con l’esistenza di più civiltà scomparse.
Forse la civiltà umana nella sua evoluzione deve attraversare comunque delle
fasi obbligatorie e questo potrebbe implicare la presenza di similitudini fra
civiltà diverse sorte in epoche diverse in diversi luoghi. È un'ipotesi un
po’ forte, perché sembrerebbe negare un certo libero arbitrio che si presume
sia una caratteristica tipicamente umana. In realtà è ciò che fanno gli
storici con la loro descrizione della storia mediante l’età della pietra, del
rame, del ferro e così via. Quanto questa divisione è arbitraria è evidente,
perché se la storia dell’uomo è come linea di trend improntata ad un
continuo progresso, non si può certo nascondere i frequenti inceppamenti e
ritorni al passato. Un po’ come l’indice di borsa. Nel lungo periodo si può
dire che è sempre crescente, ma se si esaminano periodi più brevi si vedono
anche i frequenti ribassi e addirittura i tracolli, come quello del 1929 o del
1986 o delle più recenti crisi, asiatica e russa e l’ultima, dei mercati dei
titoli tecnologici. Questa ipotesi, per quanto forte, ha una sua validità, per
lo meno a grandi linee o potremmo dire come linea di trend.
Un’ulteriore ipotesi è che siano vere entrambe, sia
quella dell’Atlantide planetaria, sia quella delle Atlantidi locali.
Quest’ultima è la più difficile da appurare.
Non mi azzardo a suggerivi quale delle tre possa essere la
più attendibile.
La mia personale simpatia va alla terza ipotesi per un
semplice ragionamento alla Murphy. Visto che le cose tendono sempre a
complicarsi e mai semplificarsi e considerato che la terza è la più difficile
da appurare e anche la più confusa, sarà sicuramente la più probabile.
Naturalmente, prendete quest'idea per quella che è, un semplice escamotage per
chiudere l’articolo con un guizzo di ironia, perché sinceramente non so dirvi
quale delle tre ipotesi possa essere la più realistica.
Note:
1) Impronte degli dei pag. 247.
2) La massa dei ghiacci, col suo peso ha impedito in alcuni
casi lo scorrimento delle varie placche. L’energia si è andata accumulando
nei millenni. Lo scioglimento repentino dei ghiacci, oltre a provocare
inondazione, ha liberato queste immense energie provocando terremoti e maremoti
che si possono definire, senza esagerazioni, di proporzioni bibliche.
3) “Una scienza a prova di cultura” articolo di Sylvie
Coyuaud, tratto da “Il Sole24ore” del 7/2/1999.
4) “Innovazione in Italia? Si provveda di ufficio”
articolo di Giorgio Nebbia tratto da “La Gazzetta del Mezzogiorno” del
12/3/2000.
Bibliografia:
Impronte degli dei di Graham Hancock
Il Giornale dei Misteri del
dicembre 1999.